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  • 30 agosto 2019 - venerdì XXI settimana TO

    Mt 25, 1-13 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l'olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. A mezzanotte si alzò un grido: "Ecco lo sposo! Andategli incontro!". Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: "Dateci un po' del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono". Le sagge risposero: "No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene". Ora, mentre quelle andavano a comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco". Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora». Parola del Signore. “Il Regno dei cieli è simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo Sposo….Cinque erano stolte e cinque sagge … le sagge insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi” Le lampade delle dieci vergini mi fanno pensare alla vita di ciascuno, quando è impegnata nelle opere buone. L’olio in piccoli vasi fa pensare al cuore. Il cuore è l’organo vitale del corpo; piccolo come il pugno della mano, ma che fa vivere tutta la persona. Non lo si può dividere, si può donare: a Dio e, in lui, ai fratelli, quando ci si comporta in modo da piacere a Dio e si tende alla sua volontà, che è la nostra santificazione. Maria che ci ha donato Gesù, ci aiuti a divenire dono e luce in Dio e ai fratelli nella tensione di ogni giorno alla santità. sr M. Antonietta

  • 29 agosto 2019 - giovedì XXI settimana TO

    Memoria della passione di san Giovanni Battista, che il re Erode Antipa tenne in carcere nella fortezza di Macheronte nell’odierna Giordania e nel giorno del suo compleanno, su richiesta della figlia di Erodiade, ordinò di decapitare. Per questo, Precursore del Signore, come lampada che arde e risplende, rese sia in vita sia in morte testimonianza alla verità. San Giovanni subì il carcere e le catene a testimonianza per il nostro Redentore, perché doveva prepararne la strada. Per lui diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, ma solo di tacere la verità. Tuttavia morì per Cristo. Cristo ha detto: «Io sono la verità» (Gv 14, 6), perciò proprio per Cristo versò il sangue, perché lo versò per la verità. Dalle «Omelie» di san Beda, il Venerabile, sacerdote Mc 6, 17-29 Dal Vangelo secondo Marco In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l'aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell'esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. Parola del Signore. Il più grande tra i nati di donna (Mt 11,11) muore ucciso dall'odio di una regina vendicativa e dalla viltà di un re che teme di agire con giustizia. La disumanità del potere umano che schiaccia il debole e volge le spalle a Dio sembra prendere in mano anche in questo caso il governo delle cose e del mondo. Ma Giovanni non fallisce la sua missione di Precursore di Cristo, la porta a compimento restando nella verità, in una via di umiliazione inconcepibile e assurda, come avverrà a Gesù. "Il mio regno non è di questo mondo e io sono venuto a dare testimonianza alla verità" Giovanni brilla perciò ancora oggi come lampada sul nostro cammino di testimonianza cristiana, ci dà speranza e ci invita a interrogarci: nelle mie situazioni quotidiane conto su ciò che è a portata di mano, sulla violenza, o dico sì a Dio che opera con il potere della verità e dell'amore? La verità prevalga nel mio cuore! Chi vuol trovare Dio deve continuamente convertirsi interiormente. Il nostro atteggiamento naturale ci porta a voler affermare noi stessi, a rendere pan per focaccia, a porci nel mezzo" (Joseph Ratzinger). sr Maria Daniela

  • Mercoledì 28 agosto 2019 - XXI settimana TO

    Memoria di sant’Agostino, vescovo e insigne dottore della Chiesa: convertito alla fede cattolica dopo una adolescenza inquieta nei princípi e nei costumi, fu battezzato a Milano da sant’Ambrogio e, tornato in patria, condusse con alcuni amici vita ascetica, dedita a Dio e allo studio delle Scritture. Eletto poi vescovo di Ippona in Africa, nell’odierna Algeria, fu per trentaquattro anni maestro del suo gregge, che istruì con sermoni e numerosi scritti, con i quali combatté anche strenuamente contro gli errori del suo tempo o espose con sapienza la retta fede. O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi pareva di udire la tua voce dall’alto che diceva: «Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Dalle «Confessioni» di sant’Agostino, vescovo Mt 23, 27-32 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri». Parola del Signore. Queste parole di Gesù, a prima vista, ci sembrano dure. Ma certo, il Signore le ha pronunciate con mitezza, Lui è mite e umile di cuore. Ciò che, invece, dovrebbe spaventarci è la possibilità che il nostro cuore si corrompa e si indurisca, come è successo ai farisei. Un grande Padre della Chiesa, San Giovanni Crisostomo, commenta così questo passo del Vangelo: “Pensa come sei stato generato, di che beni sei stato ritenuto degno, quale veste hai ricevuto, come sei stato costituito tempio solido, bello, non ornato di oro né di perle, ma dello Spirito, più prezioso di questi. … Dimmi, se uno andasse in giro portando un cadavere, non si ritrarrebbero tutti? Non fuggirebbero tutti? Rifletti su questo anche ora. Vai in giro offrendo uno spettacolo molto più miserabile di questo, vale a dire un’anima morta, in dissoluzione a causa dei peccati”. Papa Francesco continuamente ripete: Peccatori sì, corrotti no. Affidiamoci all’intercessione del grande Agostino, il Santo che oggi la Chiesa ricorda, perché ci aiuti a rinunciare al peccato e a essere vivi per Dio, in Cristo Gesù, cercando quello che a Lui è più gradito. sr. Anna Maria

  • Martedì 27 agosto 2019 - XXI settimana TO

    Memoria di santa Monica, che, data ancora giovinetta in matrimonio a Patrizio, generò dei figli, tra i quali Agostino, per la cui conversione molte lacrime versò e molte preghiere rivolse a Dio, e, anelando profondamente al cielo, lasciò questa vita a Ostia nel Lazio, mentre era sulla via del ritorno in Africa. Questo mondo non è più oggetto di desideri per me. C’era un solo motivo per cui desideravo rimanere ancora un poco in questa vita: vederti cristiano cattolico, prima di morire. Dio mi ha esaudito oltre ogni mia aspettativa, mi ha concesso di vederti al suo servizio e affrancato dalle aspirazioni di felicità terrene. Dalle «Confessioni» di sant’Agostino, vescovo Mt 23, 23-26 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull'anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma all'interno sono pieni di avidità e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi pulito!». Parola del Signore. Queste invettive di Gesù ci riguardano. Non siamo forse capaci di metter su una faccia diversa per ogni circostanza? L’ipocrisia, il nascondere le proprie vere intenzioni, ci procura elogi, ci fa credere persone religiose, interessate al prossimo, mentre forse cerchiamo solo di piacere a tutti. Sr M. Angela

  • Lunedì 26 agosto 2019 - XXI settimana TO

    Nella città di Betlemme in Terra Santa, santa Maria di Gesù Crocifisso (Maria) Baouardy, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze, che, ricca di mistici doni, unì la vita contemplativa a una straordinaria carità. Lo Spirito Santo, pur essendo unico e di una sola forma e indivisibile, distri-buisce ad ognuno la grazia come vuole. E come un albero inaridito, ricevendol’acqua, torna a germogliare, così l’anima peccatrice, resa degna del dono delloSpirito Santo attraverso la penitenza, porta grappoli di giustizia. Lo Spirito, puressendo uno solo, per disposizione divina e per i meriti di Cristo, opera effettimolteplici. Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo. Mt 23, 13-22 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: "Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l'oro del tempio, resta obbligato". Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? E dite ancora: "Se uno giura per l'altare, non conta nulla; se invece uno giura per l'offerta che vi sta sopra, resta obbligato". Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso». Parola del Signore. “Guai a voi scribi e farisei che chiudete il regno davanti alla gente; di fatto non entrate voi e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare”. Queste parole di Gesù ci dicono al tentazione di fare della casa di Dio un mercato; ci mettono in guardia dal confondere la religione con una vuota e sterile osservanza esteriore. È un tema caro ai profeti e in particolare viene in mente la predicazione del profeta Geremia contro il tempio e il falso culto del Signore. Le parole che oggi il Vangelo ci fa ascoltare sono rivolte anche a tutti noi e ci chiedono di verificare come viviamo la nostra fede e se siamo persone che, con una bella testimonianza di coerenza e verità, aprono la porta ai fratelli perché possano incontrare Dio. Viene in mente, e si sente ancora risuonare, la voce forte di S. Giovanni Paolo II quando esorta: “Aprite le porte a Cristo!” Oggi il signore ci invita a fare della nostra vita una “porta” attraverso la quale altri possano entrare nella casa di Dio che è luogo di preghiera e lavoro, ora et labora insegna S. Benedetto. Viviamo nella casa di Dio non secondo regole che ci paralizzano ma nell’amore che ci rende tutti figli di un buon padre (cfr. S, G.B. Cottolengo) . Sr Patrizia

  • Domenica 25 agosto 2019 - XX settimana TO

    Beato Luigi della Consolata (Andrea Bordino) Fratello cottolenghino Cresce in un ambiente di Messa quotidiana, di recita del Rosario, di pratica sacramentale e soprattutto di relazione con suore e sacerdoti di alta qualità spirituale. In questo sano ambiente familiare egli matura un’identità cristiana forte. Nel 1942, a vent'anni, fu arruolato nel IV Reggimento di Artiglieria Alpina e in piena estate parte per il fronte russo. Incaricato delle vettovaglie, Andrea, però, non sarà mai in prima linea né parteciperà agli scontri diretti. Dopo aver patito fame, sete e ogni sorta di privazione nei vari campi di concentramento anche in Siberia, riesce alla fine della guerra a tornare in patria, insieme al fratello. Dopo l'esperienza bellica, Andrea sente il fascino della vita religiosa e il desiderio di consacrarsi al servizio dei sofferenti. Il 23 luglio 1946 fa così il suo ingresso al Cottolengo. Al postulandato inizia una vita di preghiera e di pratica della carità, assicurando l'igiene dei malati, le medicazioni, l'assistenza ai pazienti gravi, la pulizia dei barboni e dei malati immobilizzati a letto. Si presta volentieri a lavare i piatti, pulire i pavimenti, lavorare nei campi. Dopo un anno entra in noviziato e indossa per la prima volta l'abito dei religiosi cottolenghini, sulla cui talare nera è appuntato un cuore di panno rosso all'altezza del petto, a sinistra. Alla vestizione Andrea prende il nome di fratel Luigi della Consolata. Nel gennaio del 1966 la professione perpetua. Chiamato il gigante buono per la sua corporatura robusta, si presta volentieri a ogni tipo di servizio. Di poche parole, con il sorriso e il volto sereno, riusciva a infondere sicurezza e fiducia. Diviene presto l'infermiere più richiesto dagli ammalati, dalle suore, dai medici, perché esperto, efficiente, sicuro, riservato. Colpito da leucemia, fratel Luigi si addormenta piamente nel Signore il 25 agosto 1977, a 55 anni. Solennemente è stato beatificato a Torino il 2 maggio 2015. Lc 13, 22-30 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: "Signore, aprici!". Ma egli vi risponderà: "Non so di dove siete". Allora comincerete a dire: "Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze". Ma egli vi dichiarerà: "Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!". Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». Parola del Signore. La vita è un tesoro stupendo. E' un grandissimo dono di Dio. San Paolo ci mette in guardia dicendo: abbiamo questo tesoro in vasi di creta... La porta stretta è immagine del regno di Dio. Essa è aperta per tutti, ma solo per un tempo determinato. Chi arriva in ritardo la troverà chiusa, come le cinque vergini stolte del Vangelo di Matteo 25. Sono pochi quelli che si salvano chiese un tale a Gesù. Gesù rispose in due modi: in modo negativo "sforzatevi di entrare", in modo positivo "è stretta perchè conduce alla vita". A Gesù non interessa tanto il numero dei salvati, quanto il modo di salvarsi. Gesù vuole che tutti si salvino. Nel Vangelo Gesù si definisce Buon Pastore. Io sono la porta. Io sono la vita. Io sono il Buon Pastore che dò la vita per le pecore, sforzatevi di entrare nella porta che sono io. La via degli empi è larga all'inizio, ma a mano a mano che ci si inoltra essa finisce in un vicolo chiuso, stretto, amaro. La via dei giusti è stretta all'inizio, ma essa permette di entrare già fin d'ora nel regno predicato e insegnato da Gesù. Il regno di Dio è dato in dono a coloro che lo amano e lo seguono. E' necessario seguire Gesù, attraverso la porta stretta. La vita cristiana è aperta al mondo e alle necessità di ogni uomo... Nessuno può incolpare Dio per non aver raggiunto la salvezza. sr M. Consolata A quel tale che Gli chiede: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?», Gesù risponde invitando ad «entrare per la porta stretta», a prendere una decisione, a spostare la propria attenzione dal «quanti si salvano» al «come» ci si salva. Entrare per la porta stretta! Io sono la porta, dice Gesù: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo (Gv 10,9), troverà, cioè, tutto ciò che gli è necessario per giungere alla salvezza. Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità (Dt 30,19-20). Scegli dunque la vita, entra per la porta stretta: Forse che io ho piacere della morte del malvagio o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? (Ez 18,23). Molti dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (Gv 6,60). Ma Dio vi tratta come figli; e qual è il figlio che non viene corretto dal padre? Infatti, noi tutti siamo figli d'un buon Padre, che più pensa egli a noi, di quanto noi stessi pensiamo a lui, ed egli sa molto bene, e meglio che non lo sappiamo noi stessi quello che ci è utile (s. Giuseppe Benedetto Cottolengo), perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre. sr M. Luisa “Signore, aprici!” Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Lc 13,25 La precedente traduzione della Bibbia della CEI diceva a questo versetto: “Non vi conosco, non so di dove siete”. Essere e sapersi conosciuti fino in fondo dal Signore, oltre che una grazia, è una gioia, un conforto. Il Signore conosce i suoi (2 Tm 2,19), il Buon Pastore conosce le sue pecore (cfr Gv 10,14) e il credente ne ha la consapevolezza: “Tu mi conosci fino in fondo” (Sl 139,14). Scoprire che il Signore non ci conosce, e quindi non ci riconosce è ciò che di più terribile può capitare al termine della vita. Questo vuol dire che la nostra vita, di uomini e donne che pensano di essere cristiani, credenti si è allontanata da ciò che è vero e buono, da Lui che è la Vita vera. Vuol dire che nei fatti le nostre scelte non sono passate attraverso di Lui, “sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Non ci sono privilegi per chi segue il Signore, per colui che crede e vuole vivere della sua Parola se non la pace del cuore che lo accompagna insieme ad una sana inquietudine che lo spinge avanti nel cammino. Ma questo è vero anche per chi, non conoscendo il Signore e non vivendo una esperienza di fede, vive rettamente. Il Signore è Signore di tutti e di tutte le creature. Egli ci vuole guidare a conoscerlo sempre più intimamente per sentirci pienamente figli, e a riconoscerlo ed accoglierlo nel fratello, “ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ero forestiero e mi avete ospitato…” per sederci un giorno tutti insieme alla stessa mensa nel suo regno. Donaci, Signore, di conoscerti profondamente e di riconoscerti nei fratelli e nelle sorelle che incontriamo per camminare insieme verso la meta dove Tu ci attendi per donarci il tuo abbraccio di Padre. Amen. sr Chiara

  • Sabato 24 agosto 2019 - XX settimana TO

    Festa di san Bartolomeo Apostolo, comunemente identificato con Natanaele. Nato a Cana di Galilea, fu condotto da Filippo a Cristo Gesù presso il Giordano e il Signore lo chiamò poi a seguirlo, aggregandolo ai Dodici. Dopo l’Ascensione del Signore si tramanda che abbia predicato il Vangelo del Signore in India, dove sarebbe stato coronato dal martirio. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti. Dalle «Omelie sulla prima lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo Gv 1, 45-51 Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l'albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l'albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell'uomo». Parola del Signore. Giovane è il tempo, giovane è il cuore di Natanaele che ha conquistato lo sguardo di Gesù che gli dice: “Io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”. Essere visti, essere amati, essere ricordati è come la primavera dell’anima. È il respiro di Dio, il suo segreto, perché Dio dona eternità a tutto ciò che di più bello portiamo nel cuore. Natanaele dice a Gesù: “Rabbi tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d’Israele”. Gesù risponde: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo. Vedrai cose più grandi e con ciò intendeva far capire a Natanaele che era solo all’inizio di un cammino che sarebbe compiuto quando il Figlio dell’uomo doveva aver parte tra il cielo e la terra, con il dono della sua vita celebrato per la salvezza del mondo: “gli Angeli di Dio salgono e scendono su di Lui”. Sr M. del Buon Consiglio

  • Venerdì 23 agosto 2019 - XX settimana TO

    Santa Rosa, vergine, che, insigne fin da fanciulla per la sua austera sobrietà di vita, vestì a Lima in Perù l’abito delle Suore del Terz’Ordine regolare dei Predicatori. Dedita alla penitenza e alla preghiera e ardente di zelo per la salvezza dei peccatori e delle popolazioni indigene, aspirava a donare la vita per loro, giungendo a imporsi grandi sacrifici, pur di ottenere loro la salvezza della fede in Cristo. La sua morte avvenne il giorno seguente a questo. (Dal Martirologio Romano) Nessuno erri né si inganni; questa è l’unica vera scala del paradiso, e al di fuori della croce non c’è altravia per cui salire al cielo. Dagli «Scritti» di santa Rosa da Lima, vergine Mt 22, 34-40 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «"Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Parola del Signore. Il secondo comandamento è simile a quello: Amerai il prossimo tuo come te stesso (Mt 22,39). Nella lettera di S. Giacomo apostolo leggiamo: Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? ... Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: "Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi", ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa (Gc 2,14-16). "Fede e carità, dice papa Benedetto XVI, si esigono a vicenda, così che l'una permette all'altra di attuare il suo cammino" (Porta Fidei). S. Giuseppe Benedetto Cottolengo è uno degli esempi concreti in questo cammino di santità. Egli infatti ha imparato l'arte dell'Amore collaborando con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le sue forze, con il Divino Artista, il Padre Provvidente, e ha accolto sotto il tetto della Piccola Casa le "PERLE" - così definiva i piccoli, i poveri, gli ultimi, quale vero tesoro per il Regno dei Cieli. E oggi è quanto afferma e conferma Papa Francesco: "Prossimità, vicinanza, essere vicini alla carne del fratello sofferente" (Lettera ai Sacerdoti). E il Card. Martini, in sintonia con Papa Francesco, diceva: "Ameremo i bambini e i vecchi, i poveri, gli ammalati (...) Ameremo con il Cuore di Cristo: "venite a me voi tutti.." Ameremo con l'ampiezza di Dio: "Così Dio ha amato il mondo..." e soggiungeva: "Questo è il genio dell'Apostolato: SAPER AMARE". S. Teresa di Gesù Bambino scriveva: "Quando sono caritatevole è Gesù che opera in me: più sono unita a Lui e più amo il mio prossimo". Non è quanto dovremmo desiderare tutti noi cristiani? "Non si eserciterrano più nell'arte della guerra" diceva il Profeta Isaia (2,5). Esercitiamoci dunque nell'arte della carità, dell'amore, e della pace, come esorta l'Apostolo Paolo, "non cercando il proprio interesse e non tenendo conto del male ricevuto perchè la carità tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (cfr. 1 Cor 13,4 e ss). Se non amiamo intesamente i nostri fratelli, come potremo amare i nostri nemici di vero cuore? (La Somma Teologica) sr Maria di Gesù Bambino

  • Giovedì 22 agosto 2019 - XX settimana TO

    Memoria della beata Maria Vergine Regina, che generò il Figlio di Dio, principe della pace, il cui regno non avrà fine, ed è salutata dal popolo cristiano come Regina del cielo e Madre di misericordia. (Martirologio Romano) Abitava nel sublime palazzo della santità, godeva della massima abbondanza dei favori divini, e sul popolo credente e assetato faceva scendere la pioggia delle grazie, lei che nella ricchezza della grazia aveva superato tutte le creature. Conferiva la salute fisica e la medicina spirituale, aveva il potere di risuscitare dalla morte i corpi e le anime. Chi mai si partì da lei o malato, o triste, o digiuno dei misteri celesti? Chi non ritornò a casa sua lieto e contento dopo d'aver ottenuto dalla Madre del Signore, Maria, quello che voleva? Dalle «Omelie» di sant'Amedeo di Losanna, vescovo Mt 22, 1-14 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: "Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!". Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze". Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti". Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». Parola del Signore. Tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze. "Se noi ci poniamo nella categoria dei giusti, dei ricchi o della gente "per bene" non abbiamo bisogno della sua misericordia: vuol dire che la santità la facciamo dipendere tutta dalle nostre forze" (da "La mia vocazione è l'amore" di Jean Lafrance). Ritornate tutti al Signore, con cuore puro e carità sincera, perchè sia cancellato il debito dei vostri peccati. (Sl 23,4; 2 Cor 6,6; Col 2,14; Gl 2,13) Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio. "Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari" sr. M. Margherita

  • Mercoledì 21 agosto 2019 - XX settimana TO

    Memoria di san Pio X, papa, che fu dapprima sacerdote in parrocchia e poi vescovo di Mantova e patriarca di Venezia. Eletto, infine, Pontefice di Roma, si propose come programma di governo di ricapitolare tutto in Cristo e lo realizzò in semplicità di animo, povertà e fortezza, promuovendo tra i fedeli la vita cristiana con la partecipazione all’Eucaristia, la dignità della sacra liturgia e l’integrità della dottrina. (Martirologio Romano) Sono i salmi soprattutto che, secondo sant'Atanasio, insegnano agli uomini consacrati al culto divino, «in che misura si debba lodare Dio, e con quali parole rendergli decorosamente omaggio». Egregiamente dice a tal proposito Agostino: «Per essere opportunamente lodato dall'uomo, Dio stesso si è lodato; e poiché si è degnato di lodare se stesso, per questo l'uomo ha trovato come lo possa lodare». Dalla Costituzione Apostolica «Divino Afflatu» di san Pio X, papa Mt 20, 1-16 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Parola del Signore. Tutti chiamati alla Santa Tua Vigna e mai salario maggiore pretenda chi ha l’onore di essere scelto fino dall’alba a servire il Tuo Regno. Queste parole di un inno che cantiamo durante la preghiera del mattino colgono bene il senso della pagina del Vangelo di oggi. Istintivamente ci viene forse spontaneo identificarci con gli operai chiamati alle prime luci dell’alba, diligenti, impegnati, e non con chi passa la giornata ad attendere una chiamata che non arriva. Perché state qui tutto il giorno inoperosi? Anche per costoro la giornata è pesante e calda La conclusione svela i veri sentimenti che abitano il cuore dei personaggi. Proprio per farli emergere il padrone comincia a pagare PRIMA gli operai dell’ultima ora. In questo modo i buoni, i diligenti, gli impegnati, scoprono di avere un occhio cattivo e di non riuscire a rallegrarsi per la bontà del padrone, la cui giustizia è diversa dalla loro. I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le mie vie non sono le vostre vie. Il padrone della vigna è guidato dalla stessa logica del Padre misericordioso che accoglie e paga con una festa ed un abbraccio il figlio prodigo al suo ritorno. La sua è una logica di spreco, di gratuità e di amore, diversa dalla nostra, fredda e calcolatrice, che ci porta ad avanzare pretese , a confrontarci con gli altri, ad essere incapaci di amore, di empatia nei loro confronti. Inoltre LUI è il padrone, la vigna è SUA e non nostra. Lavorare nella SUA vigna è un onore di cui gioire e ringraziare e non una prestazione data pretendendo compensi sempre maggiori. Ci aiuti lo Spirito Santo ad entrare in questa logica evangelica. sr M. Bruna

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