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  • 8 ottobre 2019 - martedì XXVII settimana TO

    Lc 10, 38-42 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Parola del Signore. “Gesù entrò in un villaggio e una donna di nome Marta, lo accolse nella sua casa …”. Marta accoglie Gesù, il Povero, mandato dal Padre, per la nostra salvezza: lo accoglie, lo nutre, gli dà sollievo, provvede al necessario. Ma Gesù la vuole portare dentro la Sua Casa, dentro il suo Amore, perché il frutto delle opere buone è glorioso, se sono compiute nel suo Amore. “Maria, seduta ai piedi di Gesù, ascoltava la sua Parola”. Ascoltava con il cuore, con tutto il suo essere, dava ascolto a Gesù. Maria ha scelto di ascoltare Gesù, ha scelto ciò che resta per sempre. Ha scelto di farsi nutrire da Gesù. La sua Parola ci insegna a vivere nel suo Amore e a compiere le opere di accoglienza nel suo Amore: “Avevo fame, e mi avete dato da mangiare, avevo sete, e mi avete dato da bere … ero forestiero, e mi avete accolto …”. Così ‘Marta e Maria’ sono inseparabili. L’accoglienza e la preghiera devono andare sempre insieme. La Madre di Gesù, che lo ha accolto nella sua vita e lo ha nutrito, ci insegni a non disgiungere mai l’accoglienza e la preghiera. Accogliamo Gesù e lasciamoci nutrire da Lui. sr M. Antonietta

  • 7 ottobre 2019 - lunedì XXVII settimana TO

    Memoria della beata Maria Vergine del Rosario: in questo giorno con la preghiera del Rosario o corona mariana si invoca la protezione della santa Madre di Dio per meditare sui misteri di Cristo, sotto la guida di lei, che fu associata in modo tutto speciale all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio. Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? Quando la mia mente li pensa, vi trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. È dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. È da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo. Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate Lc 1, 26-38 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei. Parola del Signore. Oggi in unione con la Piccola Casa celebriamo la Madonna del Rosario come festa. Meditiamo il Vangelo dell'Annunciazione, vocazione di Maria e riflettiamo sulla nostra vocazione cristiana che in ogni stato di vita è chiamata a vivere in Cristo come Persona viva, da amare e conoscere e chiamata a lasciar vivere Cristo in noi, nei suoi atteggiamenti di bontà, comprensione, perdono. Maria ha detto sì a Dio nella fede, offrendo uno spazio fecondo per l'Incarnazione del Verbo e ha progredito tutta la vita nella peregrinazione della fede. Così anche da parte nostra, quando abbracciamo la fede affidando veramente a Dio la nostra vita iniziamo come lei a camminare con Dio e gli eventi della nostra vita, tra gioie e dolori, li comprendiamo come eventi di grazia, meraviglie del suo amore. La preghiera del Rosario ci aiuta e ci sostiene in questo cammino di conversione. Il teologo Romano Guardini ha scritto: "L'eterno Figlio di Dio prende forma nell'esistenza del credente. Non è detto che ne abbia coscienza, ma quando contempla, indugia, loda e prega nell'alone dell'esistenza di Maria è come se incominciasse a svegliarsi in lui il mistero dell'esistenza di Cristo: viene evocato, respira, cresce, si sviluppa". sr Maria Daniela

  • 6 ottobre 2019 - domenica XXVII settimana TO

    San Bruno, sacerdote, che, originario di Colonia in Lotaringia, nel territorio dell’odierna Germania, dopo avere insegnato la teologia in Francia, desideroso di condurre vita solitaria, fondò con pochi discepoli nella deserta valle di Chartroux un Ordine, in cui la solitudine eremitica si combinasse con una minima forma di vita comunitaria. Chiamato a Roma dal papa beato Urbano II, perché lo aiutasse nelle necessità della Chiesa, riuscì tuttavia a trascorrere gli ultimi anni della sua vita in un eremo vicino al monastero di La Torre in Calabria. Ma voi, o miei carissimi fratelli, gioite per la vostra sorte beata e per la grande abbondanza della grazia di Dio su di voi. Gioite perché siete restati incolumi tra i pericoli d’ogni genere e i naufragi di questo mondo in tempesta. Gioite perché avete raggiunto la sicura quiete nell’oasi più protetta, a cui molti non arrivano, nonostante la loro volontà ed anche i loro sforzi. Molti altri l’hanno bensì raggiunta, ma poi ne furono esclusi, perché a nessuno di essi era stato concesso dall’alto. Dalla «Lettera ai suoi figli Certosini» di san Bruno Lc 17, 5-10 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"». Parola del Signore. «Se aveste fede quanto un granello di senape….» (Lc 17,6). Se aveste fede! Dio ci chiede una cosa grande e lo sa; in certi momenti, ci sembra che chieda addirittura qualcosa che è al di sopra delle nostre forze e cioè di «credere contro ogni speranza», come fece con Abramo (cf. Rom. 4, 18). La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio (Eb 11,1-2). Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,1-2a). Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,5). Rispose loro Gesù: «In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete compiere le opere che io compio ma ne compirete di più grandi, perché io vado al Padre (cfr. Gv 14,12). Abbiate, dunque, in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale, pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo (Fil 2,6). E chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi”? (Lc 17,7-8). Gesù, allora, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto (Gv 13,3-5). Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi (Lc 12, 43-44). sr M. Luisa Il Vangelo esclude l’orgoglio, la vanteria e il credersi più importanti. Dobbiamo fare il nostro dovere, ma senza credere di aver fatto chissà che cosa. Siamo servi inutili, anzi, come dice Gesù “non vi chiamo più servi, ma amici”. Lo siamo per pura grazia. Sr M. Angela Stringiti le vesti ai fianchi e servimi … Che bella la concretezza del Signore, che ci tira fuori i pensieri che ci portiamo dentro. Infatti, chi di noi nelle vesti di un padrone, si metterebbe a servire il proprio servo? Eppure, il Signore capovolge tutto, Lui che è Dio si è fatto nostro servo. “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. “Il Signore Gesù depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita e … cominciò a lavare i piedi dei discepoli”. “Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. San Pietro, nella sua prima lettera, ancora ci invita: “Dopo aver cinto i fianchi della vostra mente … ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà”. Grazie, Signore, perché tu per primo ti sei stretto le vesti, ci hai serviti e ci hai salvati! sr Anna Maria

  • 5 ottobre 2019 - sabato XXVI settimana TO

    A Cracovia in Polonia, santa Maria Faustina (Elena) Kowalska, vergine delle Suore della Beata Maria Vergine della Misericordia, che si adoperò molto per manifestare il mistero della divina misericordia. Lc 10, 17-24 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». Parola del Signore. “Vangelo” significa “buona notizia”. La buona notizia di oggi è che i nostri nomi sono scritti nei cieli, cioè nel cuore di Dio. La vera gioia non viene dal successo in qualche impresa, nemmeno religiosa, come ci dice oggi san Luca. Gesù ci dà un altro motivo per cui dobbiamo rallegrarci, cioè che il nostro nome è scritto dal dito di Dio dove non può essere cancellato: nei cieli. Cosa vuol dire? Forse è un invito ad alzare lo sguardo del cuore per scoprire quanto siamo amati dal Padre . Quante persone sono disposte a sacrifici e compromessi pur di vedere almeno una volta il loro nome sui giornali e sui socials! Ma questo non è fonte di gioia vera, al massimo di una piccola soddisfazione che passa e non lascia che vuoto. S. Teresa di Gesù Bambino, che abbiamo ricordato pochi giorni fa, ha scritto nella sua Autobiografia: “Sulla via del ritorno guardavo le stelle che scintillavano dolcemente, e quella vista mi rapiva. Soprattutto un grappolo di perle d’oro che distinguevo con gioia, mi pareva che avesse la forma di una T…lo facevo vedere a papà e gli dicevo che il nome mio è scritto nel cielo e poi non volendo più scorgere nulla…gli chiedevo che mi conducesse; allora senza guardare dove mettevo i piedi , abbandonandomi , non mi stancavo di contemplare il firmamento”. Non si tratta di un ingenuità infantile, ma la presa di coscienza che noi siamo molto di più che “terra”. Per Dio siamo un pezzo di cielo, comunque e sempre, anche quando abbiamo dimenticato di alzare lo sguardo verso di Lui. M. M. Patrizia

  • 4 ottobre 2019 - venerdì XXVI settimana TO

    Festa di san Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti, itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e volle morire sulla nuda terra. O come sono beati e benedetti coloro che amano il Signore e ubbidiscono al suo Vangelo! È detto infatti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta la tua anima, e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10, 27). Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e pura mente, perché egli stesso questo ricerca sopra ogni cosa quando dice «I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 23). Dunque tutti quelli che l’adorano devono adorarlo in spirito e verità. Rivolgiamo a lui giorno e notte lodi e preghiere, perché dobbiamo sempre pregare e non stancarci mai (cfr. Lc 18, 1), e diciamogli: «Padre nostro, che sei nei cieli» (Mt 6, 9). Dalla «Lettera a tutti i fedeli» di san Francesco d’Assisi Mt 11, 25-30 Dal Vangelo secondo Matteo In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». Parola del Signore. “Ti rendo lode, Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli” Mt 11,25 Questo Vangelo ci narra come pregava Gesù. Gesù è ebreo e il pio ebreo lodava Dio per ogni cosa. Ma in questo brano – molto di più – Gesù ci svela il rapporto unico che ha con il Padre, Egli è cosciente di essere il Figlio di Dio: “come il Padre conosce me io conosco il Padre” (Gv 10,15), “nessuno conosce il Padre se non il Figlio” (Mt 11,27). Gesù, venendo nel mondo, ci ha fatto vedere il Padre: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18) e qui, in questa preghiera, ci fa conoscere come il Padre agisce. Egli rivela i misteri del Regno dei cieli ai piccoli, quelli che nel mondo, ieri come oggi, non contano. Gesù, fattosi piccolo egli stesso, “pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7), si rivolge ai piccoli perché loro sono il terreno adatto a ricevere la Buona Novella. Francesco d’Assisi, di cui oggi celebriamo la festa, figlio di Pietro di Bernardone, ad un certo punto della sua vita lascia la casa paterna, i beni, gli amici, per vivere il Vangelo e, farsi piccolo, minore, per stare con coloro che Gesù predilige, a cui il Padre rivela i misteri del Regno. E Francesco, seguendo Gesù, vivendo il Vangelo entra sempre più profondamente nel vissuto e nella preghiera del Figlio. Le stimmate che riceve alla fine della vita ne sono un segno eloquente. Potremmo fare nostre l’invocazione e le lodi di San Francesco: “Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? …” “Tu sei santo, Signore, Iddio unico, che fai cose stupende. Tu sei forte. Tu sei grande. Tu sei l’Altissimo. Tu sei il Re onnipotente. Tu sei il Padre santo, Re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Iddio degli dei. Tu sei il bene, tutto il bene, il sommo bene, Signore Iddio vivo e vero. Tu sei amore, carità. Tu sei sapienza. Tu sei umiltà. Tu sei pazienza. Tu sei bellezza. Tu sei sicurezza. Tu sei la pace. Tu sei gaudio e letizia. Tu sei la nostra speranza. Tu sei giustizia. Tu sei temperanza. Tu sei ogni nostra ricchezza. Tu sei bellezza. Tu sei mitezza. Tu sei il protettore. Tu sei il custode e il difensore nostro. Tu sei fortezza. Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza. Tu sei la nostra fede. Tu sei la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.” (Fonti francescane, I, 261) Sr. Chiara

  • 3 ottobre 2019 - giovedì XXVI settimana TO

    Lc 10, 1-12 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città». . Parola del Signore. «La messe è molta. Gli operai sono pochi». Dio è padrone della messe. Lui ha posto le fondamenta in Cristo Gesù e nello Spirito Santo. La Chiesa è missionaria, Dio è in essa! Tutti noi, attraverso il Battesimo siamo chiamati ad essere missionari. Cristo è luce delle genti. La Chiesa annuncia il Vangelo della salvezza per illuminare le genti, il suo è un messaggio di luce, di pace e di salvezza. La Chiesa è sotto la guida del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo... Gesù, dopo aver pregato sceglie dodici uomini: gli apostoli... Dopo questi ne sceglie altri 72 e li manda a due a due dicendo loro: Andate, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Questa frase «Io vi mando» esprime la potenza di Dio che accompagna i missionari ed opera con loro mediante la grazia. Vengono mandati da poveri tra i poveri, senza bagaglio... inermi. Non salutate nessuno per strada. San Luca, nel suo Vangelo descrive i messaggeri in atteggiamento frettoloso. Non c’è tempo da perdere! Il Vangelo è un messaggio urgente, universale, esteso a tutti, ricchi e poveri, grandi e piccoli, giovani e anziani, sani e malati. La missione di salvezza è affidata agli apostoli e in essi a tutti noi... durerà fino alla fine dei secoli... Dopo la scelta dei 72 discepoli da parte di Gesù, è bello riallacciarci ai 70 anziani convocati da Mosè alla tenda del convegno, descritto sul libro dei Numeri 11,25. Appena lo Spirito si posò su di loro cominciarono a profetizzare. Dio parla un identico linguaggio nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento. La vocazione è Lui a donarla. È dono di amore, di grazie, di misericordia... Gesù ci esorta a pregare, perché Dio susciti nel cuore di molti, uomini e donne lo spirito di discernimento, affinché con donazione totale lavorino per introdurre gli uomini nel regno di Dio. La messe è molta, bisogna che sia raccolta e deposta nei granai del regno dei cieli. Amen! Sr M. Consolata

  • 2 ottobre 2019 - mercoledì XXVI settimana TO

    Memoria dei santi Angeli Custodi, che, chiamati in primo luogo a contemplare il volto di Dio nel suo splendore, furono anche inviati agli uomini dal Signore, per accompagnarli e assisterli con la loro invisibile ma premurosa presenza. «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi». Queste parole quanta riverenza devono suscitare in te, quanta devozione recarti, quanta fiducia infonderti! Riverenza per la presenza, devozione per la benevolenza, fiducia per la custodia. Sono presenti, dunque, e sono presenti a te, non solo con te, ma anche per te. Sono presenti per proteggerti, sono presenti per giovarti.. Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate Mt 18,1-5.10 Dal Vangelo secondo Matteo In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli». Parola del Signore. Oggi il Vangelo è pieno di Angeli di bambini e del volto del Padre che è nei cieli. Questa festa è piena di luce. Il salmo 90 dice: Dio darà ordine ai suoi angeli di custodirti nei tuoi passi, sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi il tuo piede sulla pietra. Una leggenda ebraica racconta che ogni uomo viene sulla terra con una fiammella sulla fronte. Una piccola stella accesa gli cammina davanti. Quando due uomini si incontrano le loro due stelle si fondono si ravvivano, come due ceppi sul focolare. Queste fiammelle di luce sono gli angeli, la loro luce divina ci protegge. L’incontro e riserva di luce. Ecco angeli e bambini ci fanno compagnia e il volto del Padre ci inebria e ci fa contenti. Il libro dell’Apocalisse dice: “Poi venne un altro Angelo e si fermò all’altare dei profumi reggendo un incensiere d’oro. Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi” (Ap 8,3), bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono. “E dalla mano dell’Angelo il fumo degli aromi salì davanti a Dio insieme alle preghiere dei santi” (Ap 8,4). Preghiere e profumi. Angeli e volto del Padre, sono la primavera delle nostre anime. Vieni Signore, vieni con i tuoi Angeli. Sr M. del Buon Consiglio

  • 1 ottobre 2019 - martedì XXVI settimana TO

    Memoria di santa Teresa di Gesù Bambino, vergine e dottore della Chiesa: entrata ancora adolescente nel Carmelo di Lisieux in Francia, divenne per purezza e semplicità di vita maestra di santità in Cristo, insegnando la via dell’infanzia spirituale per giungere alla perfezione cristiana e ponendo ogni mistica sollecitudine al servizio della salvezza delle anime e della crescita della Chiesa. Concluse la sua vita il 30 settembre, all’età di venticinque anni. Allora con somma gioia ed estasi dell’animo gridai: O Gesù, mio amore, ho trovato finalmente la mia vocazione. La mia vocazione è l’amore. Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa, e questo posto me lo hai dato tu, o mio Dio. Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’amore ed in tal modo sarò tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà. Dall’«Autobiografia» di santa Teresa di Gesù Bambino, vergine Lc 9, 51-56 Dal Vangelo secondo Luca Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Parola del Signore. I due discepoli Giovanni e Giacomo, inviati da Gesù in un villaggio di Samaria per preparare il suo ingresso, delusi per il rifiuto dei Samaritani di accogliere il loro Maestro, vogliono dare loro una lezione facendo ricorso alla vendetta e si rivolgono così a Gesù: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? ». Ma è forse questo il fuoco che il vostro maestro è venuto a porta sulla terra? Non è forse il fuoco del perdono, del suo Amore, della sua Misericordia? Sono venuto perché tutti abbiano la vita e non la morte; sono venuto non per distruggere l’uomo, ma il male che è nell’uomo. Per questo quando avrò dato la mia carne e il mio Sangue per la vita del mondo, dal mio cuore trafitto dai vostri peccati, non uscirà il fuoco della vendetta, ma il fiume della mia misericordia, il fuoco del mio spirito. Per questo vi attirerò a me dall'alto della Croce, non per consumarvi, ma per farvi rivivere e per consegnarvi a Colui che mi ha inviato a voi perchè nessuno vada perduto, per restituire nelle mani del Padre mio e Padre vostro l'uomo nuovo che le sue mani hanno creato a sua immagine e somiglianza. Dice Frère Roger Schultz: "Dio non si impone mai agli esseri umani con la paura. Anche quando era maltrattato il Cristo non minacciava nessuno". Il rifiuto dei Samaritani vi scandalizza? Anche voi, mi rifiuterete, mi lascerete solo e vi scandalizzerete di me quando sarò tradito da uno di voi e, oltraggiato, percosso e umiliato sarò condotto davanti ai tribunali per essere crocifisso... Non era la mia gente che gridava: Non costui, ma Barabba?... Sì, sono venuto tra la mia gente e i miei non mi hanno accolto... Perciò "rinnovatevi nello spirito della vostra mente e rivestite l'uomo nuovo (cfr. Ef 4,23-24). E' questo il modo che i miei discepoli possono preparare il mio ingresso nella loro vita e nei loro cuori e nella vita e nel cuore dei loro fratelli. E' questo il fuoco che fa' di voi scintille del mio amore, della mia pace e della verità. Un mese prima della morte di una nostra sorella, mi rivolsi a lei con questa domanda: «Che cosa ci lasci in eredità? ». Mi rispose: «L’ubriachezza dell’Amore». Una risposta da vera "ciocota" (ubriaca) di San G. B. Cottolengo, il quale voleva che tutte le sue figlie fossero ebbre dell'Amore Divino. Per questo la stessa sorella mi disse ancora: «Ho un fuoco, una fornace che brucia dentro di me». E S. Teresera di Gesù Bambino che ricordiamo liturgicamente oggi diceva, anch'essa prima di morire: «Muoio martire d’amore». O Signore, accendi in noi il Fuoco del Tuo Amore. Sr M. di Gesù Bambino

  • 30 settembre 2019 - lunedì XXVI settimana TO

    Memoria di san Girolamo, sacerdote e dottore della Chiesa: nato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, uomo di grande cultura letteraria, compì a Roma tutti gli studi e qui fu battezzato; rapito poi dal fascino di una vita di contemplazione, abbracciò la vita ascetica e, recatosi in Oriente, fu ordinato sacerdote. Tornato a Roma, divenne segretario di papa Damaso e, stabilitosi poi a Betlemme di Giuda, si ritirò a vita monastica. Fu dottore insigne nel tradurre e spiegare le Sacre Scritture e fu partecipe in modo mirabile delle varie necessità della Chiesa. Giunto infine a un’età avanzata, riposò in pace. I profeti, dunque, comprendevano quello che dicevano, per questo tutte le loro parole sono piene di sapienza e di ragionevolezza. Alle loro orecchie non arrivavano soltanto le vibrazioni della voce, ma la stessa parola di Dio che parlava nel loro animo. Lo afferma qualcuno di loro con espressioni come queste: L’angelo parlava in me (cfr. Zc 1, 9), e: (lo Spirito) «grida nei nostri cuori: Abbà, Padre» (Gal 4, 6), e ancora: «Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore» (Sal 84, 9).. Dal «Prologo al commento del Profeta Isaia» di san Girolamo, sacerdote Lc 9, 46-50 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande. Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande». Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi». Parola del Signore. "Chi è il più piccolo fra tutti voi questi è grande" (Lc 9,46-50). Gesù ha reso il bambino un'immagine della vita umile. La mente di un bambino è priva di inganno e il suo cuore è sincero, i suoi pensieri sono semplici. Egli non ambisce ad una posizione e non sa che cosa significhi che un uomo sia più in alto di un altro. Cristo ha portato avanti il bambino come simbolo di semplicità e innocenza e lo ha posto presso di sé (Cirillo di Alessandria). Colo che vivono e si propongono di vivere ogni giorno gli stessi sentimenti di Gesù, "non vanno in cerca di cose grandi superiori alle loro forze. Ma nella tranquillità e serenità d'animo si abbandonano alla volontà di Gesù ora e per l'eternità" (Sl 138). Da ciò possiamo comprendere che con umiltà si giunge al regno con la semplicità si entra in cielo. Chiunque desidera conquistare il vertice della Divinità, cerchi l'umiltà più profonda, chiunque vuole superare il fratello nel regno lo superi nel servizio nel momento presente. Questo è l'essenziale del nostro cristianesimo: rendere il contraccambio a quelli che ci amano, ripagare con pazienza quelli che ci offendono. Colui dunque che sarà stato più paziente di fronte a un'offesa, diventerà più potente nel regno (Massimo di Torino). sr M. Margherita

  • 29 settembre 2019 - domenica XXVI settimana TO

    Festa dei santi Michele, Gabriele e Raffaele, arcangeli. Nel giorno della dedicazione della basilica intitolata a San Michele anticamente edificata a Roma al sesto miglio della via Salaria, si celebrano insieme i tre arcangeli, di cui la Sacra Scrittura rivela le particolari missioni: giorno e notte essi servono Dio e, contemplando il suo volto, lo glorificano incessantemente. Così Michele significa: Chi è come Dio?, Gabriele: Fortezza di Dio, e Raffaele: Medicina di Dio. Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa Lc 16, 19-31 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". Ma Abramo rispose: "Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi". E quello replicò: "Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". Ma Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro". E lui replicò: "No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno". Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti"». Parola del Signore. Figlio, ricordati che nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali... ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti (Lc 16,25). Dio concede a chi gli è gradito, sapienza e gioia, mentre al peccatore dà la pena di raccogliere e di ammassare per colui che è gradito a Dio (Qo 2,26). Chi opprime il povero disonora il suo creatore, lo glorifica chi ha pietà dell’umile (Pro 14,31). Chi ha l’occhio generoso sarà benedetto perché egli dona del suo pane al povero (Pro 22,9). Figlio, va a vedere se incontri qualche povero, qualcuno che con tutto il cuore si ricordi del Signore e conducilo perché pranzi insieme con noi (Tob 2,2). Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi e ciechi; sarai beato perché non hanno la possibilità di ricambiarti (Lc 14,13). Chi fa la carità al povero fa un prestito al Signore che gli ripagherà la buona azione (Pro 1,17). Venite benedetti dal Padre mio, ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere (Mt 25,34) Il ricco non ha fatto nessuna di queste buone azioni... Era pieno di possibilità per aiutare chi aveva bisogno ma non usò bene la sua ricchezza. Ha chiuso l’orecchio al grido del povero, invocherà a sua volta e non otterrà risposta (Pro 21,13). Non temere se qualcuno s’arricchisce, se aumenta lo sfarzo della sua casa, poiché alla sua morte non porterà via nulla... (Sl 49,17) neppure una goccia d’acqua! A Lazzaro, il povero, che giaceva alla porta del ricco... bramoso di sfamarsi delle briciole che cadevano dalla sua mensa, Dio ha preparato una mensa e un calice che trabocca. All’abbondanza di sofferenza una abbondanza di gioia (cfr. Sl 22). Dio vuole che tutti gli uomini si salvino (1 Tm 2,41). Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne (Lc 16,9). Chi avrà dato anche solo un bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli... non perderà la sua ricompensa (Mt 10,42). Non accumulate tesori sulla terra... accumulate invece tesori nel cielo... perché la dov’è il tuo cuore, sarà anche il tuo tesoro (Mt 5,19). Dov’è il mio cuore? Se uno possiede ricchezze del mondo e, vedendo il proprio fratello che si trova nel bisogno, gli chiude il cuore, come l’amore di Dio può essere in lui? Figli non amiamo con le parole e con la lingua, ma con le opere e nella verità (1Gv 3,17). Signore, concedici la vera ricchezza: l’amore vero per te e per tutti i fratelli. Sr M. Emanuela Questa parabola contrappone, come spesso avviene nel vangelo di Luca, due personaggi che manifestano atteggiamenti opposti. Il ricco senza nome, chiuso nel suo egoismo, attento ai suoi bei vestiti ed al suo cibo, non si accorge, non vede la presenza del povero Lazzaro (il povero ha un nome), che giace alla sua porta affamato e coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Come sappiamo anche dalla narrazione della guarigione della figlia della cananea, era consuetudine dei ricchi usare piccoli pezzi di pane per pulirsi le mani durante il pasto, questi frammenti erano gettati a terra e costituivano cibo per i cagnolini… La donna cananea, stupisce Gesù con la sua umiltà e fede, paragonando se stessa proprio ad un cagnolino che chiede di cibarsi con le briciole che cadono dalla tavola dei figli. (Mt 15, 21-28; mc 7,24-30). Il ricco è cieco e duro di cuore, gli stessi animali manifestano più compassione di lui, leccando le piaghe del povero Lazzaro. Gesù, da ricco si fece povero e, coperto di piaghe, bussa alla porta delle nostre false ricchezze, delle nostre sicurezze, dei nostri perfezionismi… La morte coglierà ricchi e poveri e rovescerà le sorti , facendo giustizia. Chiediamo al Signore, finché siamo in tempo, di aprirci il cuore alla presenza dell’altro, affinché smettiamo di pensare solo al soddisfacimento dei nostri bisogni. Gesù, nella persona dei poveri bussa anche oggi alla porta del nostro cuore, se gli apriamo, il giorno del giudizio ci dirà: ero affamato e mi avete dato da mangiare, nudo e mi avete vestito, malato ed in carcere e mi avete visitato. Se non lo riconosciamo oggi dopo sarà troppo tardi, Abramo ci risponderà: figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro i suoi mali: ora lui è nella gioia e tu nei tormenti. Il Vangelo è parola esigente, lasciamoci scuotere e convertire, aprendoci con fiducia alla Parola ed alla presenza del Maestro. Sr M. Bruna Gesù considerato un mangione e un beone da alcuni (Mt 11,19; Lc 7,34), nel Vangelo di Luca ci insegna come far festa. Nel capitolo 14 abbiamo ascoltato come bisogna scegliere i posti a tavola. Gesù dice vai a metterti all’ultimo posto e così colui che ti ha invitato ti inviterà ad andare più avanti. Poi ci dice di non invitare i ricchi che possono dare il contraccambio, ma i poveri. Ci spiega perché far festa e al capitolo 15 ci dice che bisogna far festa e rallegrarsi quando un fratello morto ritorna in vita. Nel Vangelo di oggi ci spiega che da soli non si può fare festa. La donna che ha ritrovato la moneta perduta va’ dalle amiche e dalle vicine e dice: rallegratevi con me; e il Padre misericordioso vuole far partecipare alla festa entrambi i figli. Anche l’uomo del capitolo 14, che dà una cena, vuole che la sala sia piena di invitati e dato che questi non vogliono partecipare, fa’ venire storpi, ciechi e zoppi. Insomma non si può far festa da soli e senza un motivo. Il ricco della parabola di oggi vestito di porpora e lino finissimo faceva festa tutti i giorni con lauti banchetti, ma con chi? In verità è solo. Il povero Lazzaro che mangerebbe anche solo qualche briciola che cade dal tavolo del padrone (vedi Mt 5,21ss; M 7, 24ss), come un cagnolino, non è invitato ad entrare; anche i cani, quelli veri, stanno fuori dalla porta. Dopo la sua morte il ricco si ritrova nuovamente da solo: agli inferi è solo. Invece il Povero Lazzaro che in terra non ha potuto far festa, sarà portato dagli angeli accanto ad Abramo, nel banchetto celeste. In Matteo leggiamo: Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre (Mt 8,11). Ora nella sua solitudine, agli inferi, il ricco finalmente alza gli occhi e vede Abramo e Lazzaro. Prima non aveva mai guardato veramente, ma aveva usato dei sensi solo per il suo piacere. La scrittura spiega: Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare n alto, nessuno sa sollevare lo sguardo (Os 11,7) L’invito finale ad ascoltare Mosé e i profeti per convertirsi, mi spinge a chiedermi: come uso i sensi che mi sono stati dati da Dio? Li uso solo per il mio piacere o per vedere il bisogno dei fratelli, per ascoltare le richieste di aiuto, per toccare e curare le ferite delle persone piagate, per profumare la comunità con gesti di amore, per far gustare un po’ di compagnia a chi è solo? Sr M. Chiara

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