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Immagine del redattoreComunità Monastero Adoratrici

6 ottobre 2019 - domenica XXVII settimana TO

Aggiornamento: 16 feb 2020

San Bruno, sacerdote, che, originario di Colonia in Lotaringia, nel territorio dell’odierna Germania, dopo avere insegnato la teologia in Francia, desideroso di condurre vita solitaria, fondò con pochi discepoli nella deserta valle di Chartroux un Ordine, in cui la solitudine eremitica si combinasse con una minima forma di vita comunitaria. Chiamato a Roma dal papa beato Urbano II, perché lo aiutasse nelle necessità della Chiesa, riuscì tuttavia a trascorrere gli ultimi anni della sua vita in un eremo vicino al monastero di La Torre in Calabria.


Ma voi, o miei carissimi fratelli, gioite per la vostra sorte beata e per la grande abbondanza della grazia di Dio su di voi. Gioite perché siete restati incolumi tra i pericoli d’ogni genere e i naufragi di questo mondo in tempesta. Gioite perché avete raggiunto la sicura quiete nell’oasi più protetta, a cui molti non arrivano, nonostante la loro volontà ed anche i loro sforzi. Molti altri l’hanno bensì raggiunta, ma poi ne furono esclusi, perché a nessuno di essi era stato concesso dall’alto.

Dalla «Lettera ai suoi figli Certosini» di san Bruno



 

Lc 17, 5-10 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"».

Parola del Signore.

Se aveste fede quanto un granello di senape...

«Se aveste fede quanto un granello di senape….» (Lc 17,6). Se aveste fede! Dio ci chiede una cosa grande e lo sa; in certi momenti, ci sembra che chieda addirittura qualcosa che è al di sopra delle nostre forze e cioè di «credere contro ogni speranza», come fece con Abramo (cf. Rom. 4, 18).

La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio (Eb 11,1-2).

Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,1-2a).

Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,5).

Rispose loro Gesù: «In verità io vi dico: se avrete fede e non dubiterete, non solo potrete compiere le opere che io compio ma ne compirete di più grandi, perché io vado al Padre (cfr. Gv 14,12).

Abbiate, dunque, in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù, il quale, pur essendo nella condizione di Dio, svuotò se stesso assumendo una condizione di servo (Fil 2,6).

E chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi”? (Lc 17,7-8).

Gesù, allora, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto (Gv 13,3-5).

Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi (Lc 12, 43-44).

sr M. Luisa


Il Vangelo esclude l’orgoglio, la vanteria e il credersi più importanti. Dobbiamo fare il nostro dovere, ma senza credere di aver fatto chissà che cosa. Siamo servi inutili, anzi, come dice Gesù “non vi chiamo più servi, ma amici”. Lo siamo per pura grazia.

Sr M. Angela


Stringiti le vesti ai fianchi e servimi …

Che bella la concretezza del Signore, che ci tira fuori i pensieri che ci portiamo dentro. Infatti, chi di noi nelle vesti di un padrone, si metterebbe a servire il proprio servo? Eppure, il Signore capovolge tutto, Lui che è Dio si è fatto nostro servo. “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. “Il Signore Gesù depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita e … cominciò a lavare i piedi dei discepoli”. “Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. San Pietro, nella sua prima lettera, ancora ci invita: “Dopo aver cinto i fianchi della vostra mente … ponete tutta la vostra speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si manifesterà”.

Grazie, Signore, perché tu per primo ti sei stretto le vesti, ci hai serviti e ci hai salvati!

sr Anna Maria

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