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  • 18 settembre 2019 - mercoledì XXIV settimana TO

    Educato in una famiglia autenticamente cristiana crebbe con un carattere sereno, gioioso e ben disposto verso tutti. L’8 gennaio 1877 entrò nel Seminario della Piccola Casa della Divina Provvidenza a Torino, fondata da San Giuseppe Benedetto Cottolengo. Questo Seminario, posto sotto la protezione di San Tommaso d’Aquino e perciò detto “Famiglia dei Tommasini”, accoglieva aspiranti al sacerdozio privi di mezzi economici. Si iscrisse al Terz’Ordine Francescano fin dai primi anni del suo chiericato. Compiuti gli studi teologici con ottimi risultati, il 18 settembre 1886 fu ordinato sacerdote, a 23 anni, dal Card. Gaetano Alimonda, Arcivescovo di Torino. Don Francesco, fin da giovane, fu incaricato di insegnare latino e filosofia nel Seminario dei Tommasini, e poi anche ai Missionari della Consolata, fondati dal beato Giuseppe Allamanodi cui fu consigliere e collaboratore. Per più di 40 anni fu confessore e direttore spirituale del seminario diocesano e predicatore di esercizi spirituali. In tutto si mostrava animato dallo stesso spirito di carità del Santo Fondatore, che amava soccorrere ogni forma di povertà, materiale e spirituale, fidando in maniera sconfinata nella Divina Provvidenza. Nel 1922 fu nominato Canonico della Collegiata della SS. Trinità di Torino. Fu anche Provicario generale e Vicario per la Vita Consacrata dell’Arcidiocesi torinese. Gli ultimi tre anni della sua vita furono segnati dalla malattia che però non gli impedì di esercitare la sua missione di confessore. Proclamato Beto il 17 settembre 2011, la su memoria liturgica è celebrata il 18 settembre. “La Croce prima è amarissima, poi amara, poi dolce e infine rapisce in estasi”. “Il Signore ci manda le sofferenze per tre P; per pena, per prova, per premio”. “Prontezza nel cominciare, pazienza nel continuare, perseveranza nel terminare”. Lc 7, 31-35 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli». Parola del Signore. “Ascoltate OGGI la sua voce, non indurite il vostro cuore” “Ascoltate pure, ma senza comprendere – dice il profeta Isaia (Is 5,12.21) – osservate pure, ma senza conoscere... Ci sono cetre e arpe, timpani e flauti e vino per i loro banchetti, ma non badano all’azione del Signore, non vedono l’opera delle sue mani. Non c’è tempo in cui Dio non abbia parlato agli uomini, infatti un tempo ha parlato per mezzo dei Profeti, OGGI parla a noi per mezzo del Suo Figlio e dei testimoni del Suo Vangelo. Purtroppo in tutti i tempi ci sono uomini e donne che non ascoltano la sua voce e rendono vano il disegno di Dio. Ma qual è questo disegno di Dio? Lasciarsi trasformare dal Figlio e ascoltare nella quotidianità la Sua Parola. “Questi è il mio Figlio... Ascoltatelo” – ci dice il Padre – perché a chi lo accoglie, Io lo accoglierò come mio figlio. Beati, dunque, coloro che ascoltano la Parola di Dio e la vivono ogni giorno. Cristo ieri, OGGI e sempre. Gesù non è stato compreso dalla sua gente neppure con i prodigi, i segni del Suo Amore. E a Giovanni Battista che dubitava di Lui mandò a dire: “I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, ai poveri è annunziata la buona novella”... i soli che non si scandalizzano di lui. Ecco qual è il canto nuovo che i figli della luce imparano da Gesù: l’Amore! “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Ecco il canto nuovo della serva di Dio, Rossella Petrellese, morta nel 1994 a soli 22 anni: “Ogni istante, Signore, è pieno delle tue meraviglie e dovremmo dirti grazie di ogni più piccolo respiro... Se sapessimo ASCOLTARE DIO, sentiremmo che Egli ci parla. Infatti Dio parla, ma parla per mezzo del Vangelo, parla pure per mezzo della vita”. Anche OGGI non mancano i Profeti, o Padre, sia fatta la Tua volontà; si compia il disegno del Tuo Amore, perché possiamo anche noi partecipare alla sorte dei figli della Luce. Sr M. di Gesù Bambino

  • 17 settembre 2019 - Preghiera in Santuario

    Incontro di preghiera con l'Adorazione Eucaristica e il Santo Rosario accompagnato dai canti di Taizé.

  • 17 settembre 2019 - martedì XXIV settimana TO

    Nel monastero di Rupertsberg vicino a Bingen nell’Assia, in Germania, santa Ildegarda, vergine, che, esperta di scienze naturali, medicina e di musica, espose e descrisse piamente in alcuni libri le mistiche contemplazioni, di cui aveva avuto esperienza. “Le parole che vedo e sento in questa visione, non sono come le parole pronunciate per bocca di uomo, ma come una fiamma ardente e una nube che si muove nell’aria pura. In alcun modo riesco a scorgere la forma di questo lume, così come non sono in grado di discernere perfettamente il disco solare. E nello stesso lume vedo talvolta, non di frequente, un’altra luce, che mi è stato detto chiamarsi luce vivente.... (...) La mia anima non è mai abbandonata da quel lume, che viene chiamato ombra della luce vivente”. Lc 7, 11-17 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante. Parola del Signore. Ragazzo, dico a te, alzati (Lc 7,14) Con la resurrezione del figlio della vedova di Nain, il brano odierno ci insegna che “Il Signore dà morte e dà vita, fa scendere agli inferi e ne fa risalire” (1Sam 2,6). Nella vita, infatti, occorre essere pronti e sopportare qualche piccola agonia per poter passare dall’illusione alla vera fede. In quei momenti ci resta un solo salvagente: il Sangue di Cristo perché egli è onnipotente (Preferire Dio – Jean Lafrance). Sia che viviamo, sia che moriamo siamo dunque del Signore. Dice San Paolo: Se lo spirito di Colui che risuscitò Gesù da morte abita in voi, Colui che risuscitò da morte Cristo Gesù darà la vita anche ai vostri corpi mortali, in forza dello Spirito che abita in voi (Rm 8,11). Le sofferenze del tempo presente non hanno un valore proporzionato alla gloria che si manifesterà in noi (Rm 8,18) Il figlio della vedova di Nain si è alzato in modo inaspettato e meraviglioso; il miracolo non è rimasto sconosciuto a tutti nella Giudea, ma fu annunciato anche fuori di essa come un segno divino e l’ammirazione era sulla bocca di tutti (Cirillo di Alessandria). Sr M. Margherita

  • 16 settembre 2019 - lunedì XXIV settimana TO

    Memoria dei santi martiri Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, dei quali il 14 settembre si ricordano la deposizione del primo e la passione del secondo, mentre oggi il mondo cristiano li loda con una sola voce come testimoni di amore per quella verità che non conosce cedimenti, da loro professata in tempi di persecuzione davanti alla Chiesa di Dio e al mondo. Ricordiamoci scambievolmente in concordia e fraternità spirituale. Preghiamo sempre e in ogni luogo gli uni per gli altri, e cerchiamo di alleviare le nostre sofferenze con la mutua carità. Dalle «Lettere» di san Cipriano, vescovo e martire Lc 7, 1-10 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede - dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa». All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito. Parola del Signore. Leggendo questa pagina evangelica si rimane sempre in primo luogo colpiti dall’umiltà di questo soldato romano che manda a dire a Gesù: “NON SONO DEGNO che tu entri sotto il mio tetto…dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito”. Quest’uomo chi era? Che tipo di persona era? Oltre all’umiltà, quali caratteristiche aveva? Era sicuramente un uomo per cui le relazioni erano importanti. Se si preoccupa per la salute di un servo è perché aveva con lui un rapporto amichevole, lo amava molto, lo aveva molto caro, dice l’evangelista Luca. Inoltre aveva buone relazioni con gli anziani dei giudei, tanto che questi dicono: “Egli ama il nostro popolo”. Mentre Gesù è per strada, sta arrivando da lui, gli manda incontro altre persone…AMICI…così scopriamo che per quest’uomo l’amicizia era importante, aveva molti amici. Perché il centurione cerca Gesù? Perché si rivolge proprio a Gesù? Possiamo immaginare che oltre ad amare il popolo giudaico, il centurione aveva conosciuto ed amato personalmente il loro Dio, per questo fa costruire la sinagoga e per questo vede in Gesù il SUBALTERNO di Dio Padre, sottomesso all’autorità del Padre ma chiamato ad esercitare autorità su persone a lui sottoposte, quasi come in una “gerarchia militare”. Gesù elogia questo atteggiamento di FEDE: il centurione, a partire dalla propria esperienza di soldato e di uomo di relazione, intuisce qualche cosa del rapporto che lega Gesù al Padre ed agli uomini. Gesù è stupito ed ammirato per la fede umile di quest’uomo che osserva fedelmente il primo comandamento: “amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore”. Nella narrazione di questo miracolo non vediamo gesti particolari di Gesù. Gesù non impone le mani, non pronunzia parole che accompagnano il compiersi dell’evento straordinario. La PURA FEDE del centurione ha guarito il servo, la fede nella potenza della PAROLA (dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito). LA TUA FEDE LO HA GUARITO, VA IN PACE! sr. M. Bruna

  • 15 settembre 2019 - domenica XXIV settimana TO

    Memoria della beata Maria Vergine Addolorata, che, ai piedi della croce di Gesù, fu associata intimamente e fedelmente alla passione salvifica del Figlio e si presentò come la nuova Eva, perché, come la disobbedienza della prima donna portò alla morte, così la sua mirabile obbedienza porti alla vita. Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l’anima della Madre. Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate Lc 15, 1-32 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». Parola del Signore. Il Regno di Dio è la realtà più importante e preziosa di questo mondo, perché paragonarlo a una dracma o una pecora che valgono così poco? La parabola del Vangelo parla di uno che aveva un gregge, una pecora perduta non valeva troppo per lui. Una dracma non doveva essere un grande capitale. Gesù, forse vuole sottolineare, non il valore delle cose in sé, ma il legame con il loro possessore. La pecora vale poco, ma l’uomo può amarla. E questo cambia tutto. La perdita di ciò che si ama fa male. Che cosa può dare valore all’uomo? L’amore di Dio. Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito per la salvezza (Gv 3,16). Si parla della dignità umana, ma se si priva l’uomo dell’amore di Dio, che cosa rimane della dignità? Chi lo prenderà sulle sue spalle quando si perderà, se non ci sarà accanto a Lui Cristo? Presto, portate qui il vestito più bello e rivesti telo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. Sr M. Barbara Il protagonista del Vangelo di oggi è il Padre, che in questo brano viene nominato 12 volte e il suo rapporto con i figli, nominati 9 volte. Con i due racconti che la precedono si tratta di un’unica parabola, infatti il testo dice: “Egli disse loro questa parabola”. La figura del Pastore, della Donna, e del Padre sono davvero eccezionali, molto distanti dalla nostra esperienza quotidiana. Un giorno, infatti, ho visto un pastore che guidava il suo gregge vicino al Monastero e ho notato che a un certo punto una pecora vecchia e malata è rimasta indietro. Ho pensato adesso andrà a prenderla... e invece no! Lui ha continuato con le altre lasciandola per la strada. Ho letto poi, che i pastori, alle pecore che si allontanano dalle altre, spezzano una zampa affinché non vadano più a mettersi nei pericoli. Tutto questo è molto umano, ma il nostro Dio Padre è molto diverso. Lui ci ha fatto liberi perché con questa libertà possiamo rispondere al suo amore. Anche se sbagliamo non ci priva della libertà e non ci tratta come servi, non ci abbandona mai. “Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti” (Sl 138,7-8). Quando smarrito vado in un paese lontano... quando sono ancora lontano il Padre mi vede, ha compassione di me, mi corre incontro, mi si getta al collo e mi bacia. Posso anche io dire con San Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!” (1 Gv 3,1). Sr M. Chiara Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le 99 nel deserto e va in cerca di quella perduta? C'è più gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte (Lc 15,4-10) Tu sei, o Signore un Dio pietoso e pronto alla compassione, lento all'ira e ricco di misericordia e fedeltà (Sl 86,15). Abbandoni l'empio la sua via... ritorni al Signore che avrà pietà di Lui, al nostro Dio perchè è largo nel perdonare (Is 55,7). Come è grande la misericordia del Signore e il suo perdono per quanti tornano a Lui (Sir 17,24) Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà per quanti lo temono (Sl 103,13). Ritornate, o figli, a colui contro il quale vi siete rivoltati (Is 31,6). Il Signore attende per farvi grazia, perciò Egli si erge per avere pietà di voi, perchè il Signore è un Dio giusto; beati coloro che confidano in Lui (Is 30,18). Mi alzerò e andrò da mio padre... Quando era ancora lontano il Padre lo vide... gli corse incontro e lo baciò... poi disse: facciamo festa... e cominciarono a far festa. Perchè c'è più gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte (Lc 15,4 ss). Anche Gesù fa festa perchè ha ritrovato la sua pecorella. Voglio anch'io dare a Gesù l'occasione di far festa per tutte le volte che mi lascio ritrovare. Vorrei riportare la riflessione della nostra Madre: " Ho trovato la MIA pecora. Gesù non ha pecore che non si sono perdute. Al massimo qualche pecora può illudersi di essere sempre stata col pastore, ma non è così. Solo la pecora che si lascia trovare e caricare sulle spalle è in realtà SUA pecora. Diventiamo realmente sua proprietà non per qualche nostro merito ma semplicemente se ci lasciamo trovare, se ci arrendiamo a Lui. La resa incondizionata ci rende ritrovabili e riconducibili nell'ovile del Pastore. E cos'è questo "ovile"? E' esattamente il luogo da cui siamo usciti perdendoci il suo cuore. Ci siamo allontanati dal cuore di Dio e ci siamo perduti. Tutti. Non esistono 99 pecore, esiste solo 1 pecora, ciascuno di noi. Nel momento in cui divento consapevole di essere stata trovata e portata sulle spalle, allora ritrovo anche le altre 99; riconosco i fratelli e le sorelle che vivono nel medesimo ovile, che è l'amore di Dio. Sentiamo lo sguardo di Gesù su di noi. Incrociamo i suoi occhi e lasciamoci trafiggere il cuore. Proviamo a chiudere gli occhi e sentire Gesù che ci dice: Ho trovato la mia pecora, ti ho trovata, sei mia, sei preziosa ai miei occhi. Solo questo può cambiare la mia vita". sr M. Emanuela

  • 14 settembre 2019 - sabato XXIII settimana TO

    Festa della esaltazione della Santa Croce, che, il giorno dopo la dedicazione della basilica della Risurrezione eretta sul sepolcro di Cristo, viene esaltata e onorata come trofeo della sua vittoria pasquale e segno che apparirà in cielo ad annunciare a tutti la seconda venuta del Signore. Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed è ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e così, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. Dai «Discorsi» di sant’Andrea di Creta, vescovo Gv 3, 13-17 Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Parola del Signore. “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 13,14-15). “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). La croce di Cristo sul Calvario sorge sulla via di quel meraviglioso scambio, di quel mirabile comunicarsi di Dio all’uomo, in cui è al tempo stesso contenuta la chiamata rivolta all’uomo, affinché, donando se stesso a Dio e con sé tutto il mondo visibile, partecipi alla vita divina, e affinché come figlio adottivo divenga partecipe della verità e dell’amore, che è in Dio e che proviene da Dio. Proprio sulla via dell’eterna elezione dell’uomo alla dignità di figlio adottivo di Dio, sorge nella storia la croce di Cristo, Figlio unigenito che, come “luce da luce, Dio vero da Dio vero” è venuto a dare l’ultima testimonianza della mirabile alleanza di Dio con l’umanità, di Dio con l’uomo, con ogni uomo… nuova e definitiva stabilita là sul Calvario… aperta a tutti e a ciascuno. Che cosa, dunque, ci dice la croce di Cristo, che è, in un certo senso, l’ultima parola del suo messaggio e della sua missione messianica? Eppure, questa non è ancora l’ultima parola del Dio dell’alleanza: essa sarà pronunciata in quell’alba quando prima le donne e poi gli apostoli, venuti al sepolcro di Cristo crocifisso, vedranno la tomba vuota e sentiranno per la prima volta l’annuncio: “E’ risorto” (Dives in misericordia,7 – Giovanni Paolo II). Sr M. Liliana

  • 13 settembre 2019 - venerdì XXIII settimana TO

    Memoria di san Giovanni, vescovo di Costantinopoli e dottore della Chiesa, che, nato ad Antiochia, ordinato sacerdote, meritò per la sua sublime eloquenza il titolo di Crisostomo e, eletto vescovo di quella sede, si mostrò ottimo pastore e maestro di fede. Condannato dai suoi nemici all’esilio, ne fu richiamato per decreto del papa Sant’Innocenzo I e, durante il viaggio di ritorno, subendo molti maltrattamenti da parte dei soldati di guardia, il 14 settembre, rese l’anima a Dio presso Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia. Disprezzo le potenze di questo mondo e i suoi beni mi fanno ridere. Non temo la povertà, non bramo ricchezze, non temo la morte, né desidero vivere, se non per il vostro bene. È per questo motivo che ricordo le vicende attuali e vi prego di non perdere la fiducia. Dalle «Omelie» di san Giovanni Crisostomo, vescovo Lc 6, 39-42 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello». Parola del Signore. Il discepolo non è più del Maestro. Il nostro Maestro è stato mandato consacrato dal Padre a portare ai poveri il lieto annunzio, a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, a rimettere in libertà gli oppressi. Egli non è venuto per giudicare il mondo, ma per usargli misericordia, e anche per noi, l’unica strada maestra per la salvezza è la misericordia. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Pare che il Signore oggi ci dica : ”Se io non giudico, non farlo neanche tu. Chi sa che tu non sia più colpevole di colui che giudichi? Solo io scruto la mente e saggio i cuori, solo io conosco le intenzioni dei cuori e in significato delle opere di ciascuno. Astieniti dal giudicare gli altri ed esamina piuttosto il tuo cuore, sforzati di espellerne le passioni che lo irretiscono. Sono io che risano i contriti di cuore e risano i mali dell’anima”. La critica va esercitata verso se stessi, per conoscere i propri peccati e la misericordia da cui continuamente si è avvolti da parte di Dio. Il vero discepolo vive di questo tesoro che è l’amore di Dio che ha sperimentato nella sua vita e ne rende partecipi gli altri, ha come regola di vita quella del suo Maestro: “tutto quello che volete che gli altri facciano a voi anche voi fatelo a loro”. Più si conosce la propria “trave” in Dio, meno si ha voglia di guardare la pagliuzza nel occhio del fratello. Il mio occhio deve essere sempre rivolto al male che mi è stato perdonato, ai 10.000 talenti condonati a me, non al male dell’altro nei miei confronti, ai 100 denari che l’altro mi deve. Se io guardo il mio debito e la Grazia che mi è stata usata, allora non sono più cieco e allora vedo il fratello in quanto persona amata e voluta da Dio, a sua immagine e somiglianza e non la pagliuzza, condanno il male e il peccato in se e giustifico il fratello, lo difendo dalle tenebre. L’altro è da me graziato come io sono stato graziato. Il mio occhio verso l’altro è l’occhio stesso di Dio verso di me. Togli la trave dal mio occhio perché io veda lo splendore della Tua Dimora nel mio prossimo. Rimanete in me ed io in voi ed avrete la luce della vita. sr M. Benedetta

  • 12 settembre 2019 - giovedì XXIII settimana TO

    Santissimo Nome della beata Vergine Maria: in questo giorno si rievoca l’ineffabile amore della Madre di Dio verso il suo santissimo Figlio ed è proposta ai fedeli la figura della Madre del Redentore perché sia devotamente invocata. «E il nome della Vergine era Maria» (Lc 1, 27), dice l’Evangelista. Facciamo qualche riflessione anche su questo nome, che significa, a quanto dicono, «stella del mare», e che conviene sommamente alla Vergine Madre. Ella infatti viene paragonata con molta ragione a una stella: come questa emette il suo raggio senza corrompersi, così la Vergine partorisce il Figlio senza subire lesione. Il raggio non diminuisce lo splendore della stella, né il Figlio l’integrità della Vergine. Ella è dunque quella nobile stella uscita da Giacobbe (cfr. Nm 24, 17), il cui raggio illumina l’universo intero, il cui splendore rifulge nei cieli, penetra negli inferi, percorre le terre e, riscaldando più le menti che i corpi, favorisce lo sbocciare delle virtù e brucia i vizi. Sì, è lei quella fulgida e singolare stella che doveva innalzarsi sopra questo mare spazioso e vasto (cfr. Sal 103, 25), brillante per i suoi meriti, luminosa con i suoi esempi. Dalle «Omelie in lode della Vergine Madre» di san Bernardo, abate Lc 6, 27-38 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». Parola del Signore. “A voi che ascoltate, io dico” Il vangelo di oggi è molto esigente: ci sono otto proposte e tre domande, che compendiano l’insegnamento di Gesù, del vangelo; e in mezzo a queste otto proposte e tre domande, c’è una frase che fa molto riflettere: “E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fatelo a loro” ; e fare agli altri ciò che si desidera per sé, è un impegno esigente, è la misura alta della carità cristiana “perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio” . E questo ci insegna ad essere “misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” con noi. Maria, Madre di misericordia, ci faccia comprendere e imparare questa ‘misura alta’. Poiché oggi la Liturgia ci fa ricordare il Santo Nome di Maria, prendiamo da una omelia di San Bernardo, questa bella e nota esortazione: “Guarda la stella e invoca Maria. Non si allontani dalla tua bocca e dal tuo cuore, e per ottenere l’aiuto della sua preghiera, non dimenticare l’esempio della sua vita. Seguendo Lei non puoi smarrirti, pregando Lei non puoi disperare, Se Lei ti sorregge non cadi, se Lei ti protegge non cedi alla paura, se Lei ti è propizia raggiungi la meta. Guarda la stella e invoca Maria". sr. M. Antonietta

  • 11 settembre 2019 - mercoledì XXIII settimana TO

    Lc 6, 20-26 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». Parola del Signore. Le Beatitudini delineano il Volto del nostro Signore e maestro, il Signore Gesù e sono per noi una via sicura di santità. Ci aprono alla novità di Dio, ci invitano a quella gioia che nessuno può toglierci. San Luca ne propone quattro: "beati i poveri" è un invito a liberarci dall'avarizia e dall'accumulo dei beni per gioire della Provvidenza. "Beati coloro che hanno fame di giustizia" è un invito a cercare la volontà di Dio nella nostra vita e a comprometterci a vantaggio degli indifesi. "Beati coloro che piangono" è un invito a saperci pentire dei nostri errori, vincendo la nostra presunzione e ad avere compassione del dolore altrui. "Beati i perseguitati" è un riferimento all'attualità: spesso chi testimonia la fede è almeno ridicolizzato, per non parlare dei tanti martiri cruenti e di quelli morali operati con la calunnia. Anche in questi casi la vicinanza di Gesù diventa fonte di gioia. A chi segue altre strade Gesù dice: "guai": non è una minaccia, ma un lamento e vuole dire: poveretto te, sei un fallito. Con la preghiera e l'augurio di essere pronti per la vita eterna. sr Maria Daniela

  • 10 settembre 2019 - martedì XXIII settimana TO

    Lc 6, 12-19 Dal Vangelo secondo Luca In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. Parola del Signore. Oggi Gesù ci fa molto riflettere sulla potenza della preghiera. Lui passa tutta la notte pregando Dio e al mattino sceglie i Dodici. Prima di una decisione così grande, Gesù prega. E noi? Forse non siamo capaci di farlo nemmeno per le circostanze più semplici della nostra vita. Oggi, invece, la Parola ci dà questo prezioso insegnamento: anche se è una piccola decisione quella che dobbiamo prendere, è meglio per noi affidarla a Dio nella preghiera, domandare la Sua protezione e il Suo consiglio, senza illuderci di potercela fare da soli. Abbiamo un Padre nei cieli, che continuamente veglia su di noi e vuole aiutarci. Scrive Jean Lafrance: “L’uomo di fede vive sotto questo sguardo del Padre che vede, ascolta e conosce. Preferisce l’idea del Padre alla sua e vi aderisce con assoluta docilità. Si può dire in questo senso che lo Spirito filiale è una componente essenziale della fede, poiché ci fa vivere con una totale fiducia nel Padre che conosce cosa è giusto per noi”. Sr Anna Maria

  • 9 settembre 2019 - lunedì XXIII settimana TO

    Lc 6, 6-11 Dal Vangelo secondo Luca Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C'era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all'uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù. Parola del Signore. Gesù entra nella sinagoga in giorno di sabato, nel giorno del riposo e compie un gesto di guarigione, infrangendo la legge: fa muovere la mano paralizzata di un uomo. Una persona senza una mano è condizionata nel lavoro, oltre che nella vita in generale. Gesù, guarendo questa persona, le ridà dignità perché può lavorare e aiutare. L’uomo non ha chiesto di essere guarito, ma Gesù lo ha visto e lo ha invitato a farsi avanti, pur conoscendo l’intenzione di scribi e farisei di “trovare di che accusarlo”. Gesù è un uomo che non ha paura di esporsi, perché ha a cuore la salvezza dell’uomo fino a dare la vita. Gesù è libero e per questo ama a 360° e oltre; la sua libertà non è fare ciò che vuole, ma fare la volontà del Padre. La libertà, quella vera, ci mette in profonda comunione con l’altro, perché vive di una dinamica relazionale. Posso essere libero solo di fronte ad un altro. Gesù non ha le mani legate da interesse personale o di partito: per questo può liberare le nostre mani. I pensieri di scribi e farisei che, a volte, sono i nostri, sono invece ingabbiati e posso rendere schiavi, cioè paralizzati. Chiediamo allo Spirito Santo di renderci uomini e donne liberi e liberanti a immagine e somiglianza di Gesù. Sr Patrizia

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