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  • 18 ottobre 2019 - venerdì XXVIII settimana TO

    Festa di san Luca, Evangelista, che, secondo la tradizione, nato ad Antiochia da famiglia pagana e medico di professione, si convertì alla fede in Cristo. Divenuto compagno carissimo di san Paolo Apostolo, sistemò con cura nel Vangelo tutte le opere e gli insegnamenti di Gesù, divenendo scriba della mansuetudine di Cristo, e narrò negli Atti degli Apostoli gli inizi della vita della Chiesa fino al primo soggiorno di Paolo a Roma. Perciò riflettete attentamente, fratelli carissimi, sulla parola del Signore: «Pregate il padrone della messe, perché mandi operai per la sua messe». Pregate voi per noi, perché siamo in grado di operare per voi come si conviene; perché la lingua non resti inattiva dall’esortare, e il nostro silenzio non condanni, presso il giusto giudice, noi, che abbiamo assunto l’ufficio di predicatori. Dalle «Omelie sui vangeli» di san Gregorio Magno, papa Lc 10, 1-9 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio"». Parola del Signore. Oggi è la festa di s. Luca evangelista e ci viene proposto il passo del Vangelo in cui si parla della missione di “altri settantadue”, mandati da Gesù a “precederlo” dove “stava per recarsi”. Siamo in Ottobre, mese missionario, e siamo chiamati a riflettere su alcuni aspetti del mandato di Gesù. Si parla si “altri settantadue”: oltre dunque i dodici apostoli ci sono “altri” che devono preparare all’incontro con Gesù e tra questi possiamo metterci anche noi, oggi. Vediamo poi che Gesù manda a “due a due”, perché, dice la Genesi, non è bene che l’uomo sia solo e chi annuncia e prepara l’incontro con Dio non è un “individuo” solitario che fa da sé, ma una “persona” che cammina con un’altra. Camminare insieme agli altri è parte della missione cristiana. Gesù manda questi altri settantadue davanti a sé. Nel testo greco originale si dice “davanti al suo volto”: il missionario dunque viene mandato a preparare l’incontro con il volto di Dio, che è Gesù. S. Luca non dice che questi “missionari” devono dar da mangiare o curare o guarire, ma dice che devono semplicemente precedere l’arrivo di Gesù. Hanno il compito di dire una parola: “Pace” e per farlo devono essere nella vita miti e umili come agnelli. Gesù non dice di fare propaganda per arruolare altri operai nella sua vigna, ma dice: “pregate il signore della messe”. Non sono le nostre parole che “convertono” ma è il signore della messe. Nostro compito è pregare lui. Oggi dunque S. Luca, nel giorno della sua festa, ci regala questo invito: “Pregate!” In questo mese missionario possiamo intensificare la preghiera, camminando insieme a tutti coloro che hanno ascoltato l’invito di Gesù a salutare così: “Pace!”. Oggi potremmo provare a sostituire il nostro “ciao” con questo saluto “pace”. Shalom! M. M. Patrizia

  • 17 ottobre 2019 - giovedì XXVIII settimana TO

    Memoria di sant’Ignazio, vescovo e martire, che, discepolo di san Giovanni Apostolo, resse per secondo dopo san Pietro la Chiesa di Antiochia. Condannato alle fiere sotto l’imperatore Traiano, fu portato a Roma e qui coronato da un glorioso martirio: durante il viaggio, mentre sperimentava la ferocia delle guardie, simile a quella dei leopardi, scrisse sette lettere a Chiese diverse, nelle quali esortava i fratelli a servire Dio in comunione con i vescovi e a non impedire che egli fosse immolato come vittima per Cristo. Non mi diletto più di un cibo corruttibile, né dei piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David; voglio per bevanda il suo sangue che è la carità incorruttibile. Dalla «Lettera ai Romani» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire Lc 11, 47-54 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto: "Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno", perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito». Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca. Parola del Signore. Gesù è molto duro con i dottori della legge, questa sua libertà gli procurerà molti guai personali. Gesù non fa sconti: a coloro che devono guidare i fratelli è chiesta prima di tutto una testimonianza personale, quotidiana e coraggiosa, diversamente ciò che uno dice agli altri, senza il sostegno della coerenza della vita, non solo non vale nulla, ma diventa una accusa contro di lui. Questo Vangelo che la liturgia quest’ anno ci presenta nel giorno della memoria di Sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire dei primi secoli, diventa per tutti noi un invito ad approfondire le motivazioni personali che ci spingono ad agire. La nostra vita di credenti, le nostre scelte quotidiane nascono da un confronto con il Vangelo? E’ l’apparenza o la sostanza delle cose che ci preoccupa? Ignazio scrive in una delle sue lettere: “Non basta essere chiamati cristiani, ma bisogna esserlo davvero…Una sola sia la preghiera, una l’invocazione, uno lo spirito, una la speranza nella carità, nella gioia santa, che è Cristo, di cui nulla c’è di più prezioso” (Lettera ai cristiani di Magnesia). Che anche la sua testimonianza possa illuminare la nostra vita. Sr. Chiara

  • 16 ottobre 2019 - mercoledì XXVIII settimana TO

    Santa Margherita Maria Alacoque, vergine, che, entrata tra le monache dell’Ordine della Visitazione della beata Maria, corse in modo mirabile lungo la via della perfezione; dotata di mistici doni e particolarmente devota al Sacratissimo Cuore di Gesù, fece molto per promuoverne il culto nella Chiesa. A Paray-le-Monial nei pressi di Autun in Francia, il 17 ottobre, si addormentò nel Signore. Mi sembra che il grande desiderio di Nostro Signore che il suo Sacro Cuore venga onorato in modo particolare abbia lo scopo di rinnovare nelle anime gli effetti della sua redenzione. Infatti il suo Sacro Cuore è una fonte inesauribile che cerca solo di riempire i cuori umili, vuoti, distaccati da ogni cosa e sempre pronti a sacrificarsi per rendergli piacere. Dalle «Lettere» di santa Margherita Maria Alacoque vergine Lc 11, 42-46 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l'amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: «Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!». Parola del Signore. Un notabile chiese a Gesù: Maestro buono che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna? E Gesù a lui: perché mi chiami buono, nessuno è buono se non Dio solo... Lui era Dio! Il suo nome è lodato perché è buono! Al suo nome canta inni tutta la terra! Come mai, pur essendo così buono e misericordioso verso i peccatori, Gesù con i farisei, descritti nel Vangelo di oggi, usa duri rimproveri? «Guai a voi farisei che pagate la decima degli erbaggi e trascurate la giustizia; guai voi farisei che amate i primi posti nella sinagoga e i saluti sulle piazze. Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza accorgersi»... ...Gesù smaschera l’ipocrisia dei farisei che sono come tombe piene di falsità e impediscono alla genti di accogliere il Vangelo... I farisei amano presentarsi irreprensibili all’esterno osservano la legge fin nelle minuzie, ma la calpestano nelle cose essenziali. Non conoscono in se stessi il precetto dell’amore, che è il comandamento più importante che tutto abbraccia. L’amore è lo spirito della legge. L’amore è tutto! Si estende ad ogni tempo e ad ogni luogo. L’amore è eterno! L’amore è il solo fiore che sboccia e cresce senza l’aiuto della stagione... La legge non serve a nulla se il regno di Dio non nasce nel cuore dell’uomo... San Paolo ci dice: se possedessi la perfezione della legge così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, sarei un nulla... Un dottore della legge, si fece avanti e disse a Gesù: «Maestro, parlando così offendi anche noi». E Gesù a lui: «Guai anche a voi dottori della legge che imponete alla gente pesi insopportabili, mentre voi non li toccate neppure con un dito». Il mio giogo, dice Gesù, è soave e il peso leggero. Gesù opera sempre per purificare il cuore dell’uomo e ricondurlo alla verità. Gesù non è solo «Maestro», ma è il Redentore degli uomini! Se on diventerete come fanciulli non entrerete nel regno dei cieli. Non bisogna dimenticarlo! Sr M. Consolata

  • 15 ottobre 2019 - Preghiera in Santuario

    Incontro di preghiera con l'Adorazione Eucaristica e il Santo Rosario accompagnato dai canti di Taizé.

  • 15 ottobre 2019 - martedì XXVIII settimana TO

    Memoria di santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa: entrata ad Ávila in Spagna nell’Ordine Carmelitano e divenuta madre e maestra di una assai stretta osservanza, dispose nel suo cuore un percorso di perfezionamento spirituale sotto l’aspetto di una ascesa per gradi dell’anima a Dio; per la riforma del suo Ordine sostenne molte tribolazioni, che superò sempre con invitto animo; scrisse anche libri pervasi di alta dottrina e carichi della sua profonda esperienza. Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi. Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, vergine Lc 11, 37-41 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'interno? Date piuttosto in elemosina quello che c'è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro». Parola del Signore. Dopo che Gesù ebbe finito di parlare, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli entrò e si mise a tavola. Il fariseo si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima di pranzo. Ma il Signore gli disse: «Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità». È proprio vero che ognuno di noi nasconde un po’ di cattiveria dentro la sua opera buona. Per questo ci confessiamo e chiediamo misericordia dei nostri peccati. Poi Gesù continua: «Stolti! Colui che ha fatto l’esterno della coppa e del piatto non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco tutto per voi sarà mondo». Essere mondi è l’augurio che Gesù oggi fa ad ognuno di noi. La nostra vera gloria è riconoscere che “A Dio solo va la gloria, la potenza e l’onore” e che Gesù ci purifica e ci redime, ci rende mondi con la potenza del suo Sangue prezioso. Mondi e purificati siamo in pace con Dio e con gli uomini. Sr M. del Buon Consiglio

  • 14 ottobre 2019 - lunedì XXVIII settimana TO

    Lc 11, 29-32 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». Parola del Signore. Non vi sarà dato alcun segno se non quello di Giona... Il SEGNO di Giona trova la sua piena manifestazione, il suo compimento nel Figlio dell’uomo, Gesù Cristo: il SEGNO DI CONTRADDIZIONE. Così saranno svelati i pensieri e le intenzioni dei buoni e dei cattivi, di quelli che hanno ascoltato la Sua Parola, si sono convertiti e lo hanno seguito, e di quelli che l’hanno respinta per seguire le vie tortuose... Ecco il duello tra il BENE e il MALE. Quale amarezza prova il nostro cuore quando alcuni cristiani e persino consacrati ignorano, negano, escludono la presenza del maligno! Paura? Ignoranza? Ma chi si è presentato a Gesù nel deserto per tentarlo? Chi ha spinto Giuda a tradire il suo maestro? Chi lo ha fatto condannare fino al punto di assolvere (giustificare?) un assassino, Barabba? Chi lo ha schernito, percosso, oltraggiato, flagellato e condotto al supplizio della croce? “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre”, dice il profeta Isaia (Is 5,20). Certo, Lui, l’Unico e VERO BENE ha voluto redimerci così facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce. Lui solo poteva vincere il male e distruggere il potere delle tenebre che gravava su ognuno di noi. Certo Lui ha vinto il peccato e la morte, ma non ha voluto vincere la nostra libertà, perché l’uomo possa scegliere liberamente il Bene o il Male. O SEGNO, della Divina Benevolenza, uscito dal seno del Padre, apparso sulla terra e donato a noi peccatori, guidaci con la Tua Sapienza e donaci occhi per saper discernere il Bene dal Male e per seguire il Tuo Spirito Buono che ci indica, attraverso la Tua Parola viva ed efficace di ogni giorno i sentieri della vita e dell’Amore. Sr M. di Gesù Bambino

  • 13 ottobre 2019 - domenica XXVIII settimana TO

    Lc 17, 11-19 Dal Vangelo secondo Luca Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!». Parola del Signore. Uno di loro vedendosi guarito tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si gettò ai piedi di Gesù per ingraziarlo (Lc 17,11-19). Era un samaritano. Tutti coloro che dopo essere stati purificati dall’acqua del battesimo o guariti per mezzo della penitenza, ormai non seguono più il demonio, ma si sforzano di conformarsi al Cristo. Lo seguono, lo glorificano, lo adorano, lo ringraziano e restano al suo servizio. E gli disse Gesù: «alzati e va’, la tua fede ti ha salvato». La fede salva, giustifica, guarisce l’uomo nell’anima e nel corpo (S. Bruno di Segni). Infatti “chi ha sofferto nel suo corpo ha rotto definitivamente col peccato, per non servire più alle passioni umane, ma alla volontà di Dio nel tempo che gli rimane in questa vita immortale” (1 Pt 4,1). “Se farete questo non inciamperete mai. Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo” (2 Pt 1,11). “Glorificate Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6,20). Sr M. Margherita I dieci lebbrosi che, a distanza gridano a Gesù il loro estremo bisogno di guarigione e di salvezza, hanno sicuramente fede, fiducia nella potenza della parola del Maestro. Sulla Sua Parola , prima ancora di essere guariti si dirigono verso i sacerdoti per la purificazione rituale che doveva riammetterli alla vita comune. Sin qui il loro comportamento è assolutamente corretto. Di qui in avanti il testo ci dice che solo uno, oltretutto straniero, su dieci sanati, torna indietro per ringraziare. Gesù stesso manifesta stupore per questa mancanza di gratitudine: gli altri nove dove sono? Dio non si rassegna di fronte al rifiuto, consapevole o meno, della relazione con Lui. Lo stesso Dio che aveva chiesto ad Adamo: “dove sei?” ed a Caino: “dov’è tuo fratello?”, ora chiede: gli altri nove dove sono? Si fa questa domanda non per rimproverarli una volta trovatili, ma per esprimere il suo desiderio di incontrare veramente anche loro. Dio non pretende per sé il ringraziamento, per autocompiacersi, come a volte facciamo noi. A lui dispiace che i lebbrosi si siano accontentati del miracolo della guarigione fisica, senza andare oltre, senza trovare gioia piena, guarigione interiore nell’incontro gratuito ed amichevole con il Dio Vivo. Il samaritano, pieno di gioia torna indietro, si prostra , ringrazia. Riconosciamoci in lui, imitiamolo nelle nostre preghiere. Se partecipiamo attivamente, consapevolmente e fruttuosamente alla preghiera liturgica, come ci ha educati il Concilio Ecumenico Vaticano II, la Liturgia stessa ci educa ad una preghiera che sia non solo richiesta di aiuto, ma principalmente lode, ringraziamento a Dio per i tanti benefici. La Santa Messa, eucaristia (in greco significa bel ringraziamento), è un inno di grazie al Padre, soprattutto nella preghiera eucaristica, tesoro da riscoprire e rimeditare ogni giorno. «Ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.» (Col 1,12).Facciamo nostre queste parole di San Paolo , innalzando anche noi, oggi a Dio il nostro ringraziamento. Sr M.Bruna Alzati e va’ la tua fede ti ha salvato (Lc 17,19). Erano 10 i guariti da Gesù, ma solo uno si è salvato. Un samaritano, uno che era scomunicato. Resta sempre vera la Parola di Dio: “Molti verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel Regno di Dio. “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio all’infuori di questo straniero? Benedetto sia il Signore, poiché su di me fa risplendere la usa misericordia (Sl 31,22). Sì, tu sei la mia lucerna, o Signore, il mio Dio che dà luce alla mia oscurità (Sl 18,29). La mia preghiera è stata esaudita. Ti ringrazio con la lode. Ti loderò e ti canterò, benedirò il nome del Signore. Sei stato il mio aiuto... io sono salvo (cfr. Sir 51). Per questo ti lodo, o Signore, voglio celebrare con il canto il tuo nome e il palpito del mio cuore giunga al tuo cospetto (Sl 19,15). Presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio suo... affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia la vita eterna (Gv 3,16). Questa è la volontà del Padre mio che chiunque vede il Figlio e crede in Lui abbia la vita eterna (Gv 6,40). Chi crede in Gesù non sarà mai deluso (Rm 9,33) e chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato (At 2,21). Alzati e va’ la tua fede ti ha salvato. Dice San Bernardo: «E gli altri nove dove sono? Anche oggi vediamo molti impegnati a chiedere ciò di cui sanno d’aver bisogno, ma ben pochi che si preoccupano di ringraziare per ciò che hanno ricevuto. Fortunato quel samaritano, il quale riconobbe di non aver niente, che non avesse ricevuto e perciò tornò a ringraziare il Signore. Fortunato colui che a ogni dono, torna a Colui nel quale c’è la pienezza di tutte le grazie; poiché quando ci mostriamo grati di quanto abbiamo ricevuto, facciamo spazio in noi stessi a un dono anche maggiore» (De diversis, 23,5-8) così sia anche per noi. Sr M. Emanuela

  • 12 ottobre 2019 - sabato XXVII settimana TO

    Lc 11, 27-28 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!». Parola del Signore. Nel Vangelo di oggi una donna vedendo Gesù e sentendolo parlare desidera tessere le lodi di sua Madre esclamando: Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato! Sono considerazioni troppo umane? Come deve essere stato bello il Volto di Gesù, rivelazione del Volto del Padre, il più bello tra i figli dell’uomo e come deve essere stato straordinario sentire parlare il Verbo di Dio... Gesù però sposta il discorso sul centro, sulla caratteristica più importante di sua Madre: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano”. Gesù dice che sua Madre è beata perché ha ascoltato della Parola di Dio e l’ha messa in pratica. Elisabetta le aveva detto: Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto (Lc 1,45). Maria, da parte sua custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore (Lc 2,19). E anche quando era difficile comprendere umanamente il comportamento di Gesù, come quando era rimasto nel Tempio con i dottori della legge a 12 anni (Lc 2,41ss), Sua Madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore (Lc 2,51). Anche noi possiamo cercare di vivere queste beatitudini perché chi ascolta e medita la Parola di Dio è chiamato a generare vita e nutrire il Verbo che si sta facendo carne il lui, a far diventare carne ciò che ha ascoltato. Con il salmo (118) 119 preghiamo: Nella via dei tuoi insegnamenti è la mia gioia, più che in tutte le ricchezze. Voglio meditare i tuoi precetti, considerare le tue vie. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore. Quanto amo la tua legge! La medito tutto il giorno. Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca. Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti: per questo li custodisco. sr M.Chiara

  • 11 ottobre 2019 - venerdì XXVII settimana TO

    A Roma, San Giovanni XXIII, papa: uomo dotato di straordinaria umanità, con la sua vita, le sue opere e il suo sommo zelo pastorale cercò di effondere su tutti l’abbondanza della carità cristiana e di promuovere la fraterna unione tra i popoli; particolarmente attento all’efficacia della missione della Chiesa di Cristo in tutto il mondo, convocò il Concilio Ecumenico Vaticano II. Lc 11, 15-26 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull'altra. Ora, se anche Satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spirito impuro esce dall'uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: "Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito". Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l'ultima condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima». Parola del Signore. «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Il coraggio con cui Gesù ha portato avanti la sua vita nell’incomprensione più nera, ci fa intuire la ferita drammatica che colpisce il suo cuore. Nella meditazione e nell’affetto che gli portiamo, possiamo comprendere qual è stata la sua prova: Gesù rifiuta di approfittare per sé dei doni apostolici che gli sono concessi per salvare se stesso, ma accetta la sorte della parola che và annunciando, la derisione, l’ostilità. Accetta che la Parola si faccia spazio così com’è. Potrebbe compiere un’opera strepitosa, ma non lo fa. Gesù vuole donare la fede accettando la morte con amore, non scendendo dalla croce. Siamo invitati a riflettere se il nostro seguire Cristo vestendo le sue vesti, significa uniformarci totalmente alla sua sorte. Sr M. Barbara

  • 10 ottobre 2019 - giovedì XXVII settimana TO

    Lc 11, 5-13 Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: "Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli", e se quello dall'interno gli risponde: "Non m'importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani", vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». Parola del Signore. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (Lc 11,9). Ecco sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrà da lui, cenerò con lui ed egli con me (Ap 3,20). Ascoltate la mia voce (Ger 7,23) Una voce! L’amato mio! (Ct 2,8). «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato (Gv 15,7). Coloro che rimangono in Cristo, che altro possono volere se non ciò che è conforme a Cristo? Che altro possono volere, rimanendo nel Salvatore. Se non ciò che non è contrario alla salvezza? Una cosa infatti vogliamo in quanto siamo in Cristo, e altra cosa vogliamo in quanto siamo ancora in questo mondo... Se rimaniamo in Cristo, Egli non ci concede, quando preghiamo, se non ciò che giova al nostro vero bene». (Sant’Agostino, dai trattati sul Vangelo di S. Giovanni) Sr M. Liliana

  • 9 ottobre 2019 - mercoledì XXVII settimana TO

    Lc 11, 1-4 Dal Vangelo secondo Luca Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». Parola del Signore. “Scrive Cardinal Martini: tutti noi, come il discepolo innominato, abbiamo detto tante volte: “Signore, insegnaci a pregare”, che cosa chiedevamo? Penso che molta gente, quando pone tale domanda, non di rado desidera anzitutto raggiungere quell’unità interiore, quel raccoglimento, quel possesso di sé, quella gioia di tenersi bene in mano che è caratteristica di una preghiera profonda. Si tratta di atteggiamenti positivi e utili, ma siamo ancora nell’ambito di una preghiera psicologica, tesa a ottenere benefici: imparare a essere calmo, tranquillo, raccolto, pacificato, coordinato, senza una sarabanda di pensieri che mi frulla sulla testa. Noi vogliamo tuttavia chiedere a Gesù di insegnarci a pregare nello Spirito, soprattutto di insegnarci la disposizione interiore e quali siano le richieste da presentare.” Gesù non ci dà la preghiera, ma ci riconsegna il Padre. Ci insegna a entrare nella relazione con il Padre. Il problema è come entrare in questo rapporto, come essere consapevole di essere davanti a un Tu, avere la percezione che sto parlando con una Persona, viva e vera. Le parole sostengono questa relazione. Chiediamo la grazia di essere presenti, di vivere alla presenza di Dio e di avere l’intima consapevolezza della Sua Presenza. Quindi per me, per noi imparare a pregare vuol dire imparare ad affidarci allo Spirito di Gesù che ci muove a recitare il Padre nostro e ci introduce nella relazione, fino a raggiungere quel bellissimo stato d’animo di cui ci ha parlato Gesù: ”non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.” (Mt 10,19-20) “E voi avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!” (Rm 8,15). Gesù ci dà il suo spirito e nel suo spirito possiamo dire “Padre”: Padre di Gesù, Padre mio. “Lo spirito stesso insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (Rm 8,16). Essere figli del Padre è la nostra identità, è ciò che ci definisce nel nostro essere più profondo. Tutta la nostra vita si gioca in questa relazione, però questo si compie “per Cristo, con Cristo e in Cristo come diciamo nella Messa”, questo perché “nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.” (Mt 11,27) E il Padre in Gesù ci dice: “tu sei mio figlio prediletto, tu sei la mia figlia prediletta” e noi rispondiamo con la parola: “Padre”. Signore Gesù, facci conoscere il Padre. sr M. Benedetta

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