Memoria di san Giovanni Bosco, sacerdote: dopo una dura fanciullezza, ordinato sacerdote, dedicò tutte le sue forze all’educazione degli adolescenti, fondando la Società Salesiana e, con la colla-borazione di santa Maria Domenica Mazzarello, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per la formazione della gioventù al lavoro e alla vita cristiana.
In questo giorno a Torino, dopo aver compiuto molte opere, passò piamente al banchetto eterno.
La carità che vi raccomando è quella che adoperava san Paolo verso i fedeli di fresco convertiti alla religione del Signore, e che sovente lo facevano piangere e supplicare quando se li vedeva meno docili e corrispondenti al suo zelo.
Dalle «Lettere» di san Giovanni Bosco
Mc 1, 21-28
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: "Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!". E Gesù gli ordinò severamente: "Taci! Esci da lui!". E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!".
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
«Che c’entri con noi, Gesù Nazareno?» (cfr. Mc 1,24). «Che c’entri con me?». Quante volte questa domanda sibila nei nostri orecchi. Assume le forme più diverse, facilmente non la riconosciamo per quello che è. Ma la Parola di Dio ci soccorre e ci svela chiaramente da dove proviene: proviamo a rileggere l’episodio dell’esorcismo nel Vangelo di oggi. Magari non ce lo chiediamo con la medesima espressione, però capita di sorprendersi a ragionare così tra sé e sé: «Devo prendere una scelta importante, è vero, ma me la posso cavare benissimo da solo, che c’entra Dio?»; «Vivo questa difficoltà relazionale, ma tranquillo, Signore, mi sforzerò con tutto me stesso per risolverla da me»; «Sì, è vero, ho un brutto carattere, ho questo pesante difetto, ho questa ferita interiore, ma si può sempre censurare tutto e far finta di niente… tutto a posto, che bisogno c’è di Dio?»…
Questi esempi ci manifestano come sia profondamente incardinato in noi un certo delirio di onnipotenza, per il quale non vogliamo scomodare Dio. Sì, siamo abbastanza reticenti nel manifestare i nostri angoli bui, le nostre difficoltà, le nostre paure anche a Colui che Onnipotente lo è davvero. È più immediato ricercare la soluzione in ciò che possiamo controllare o scegliere, anche se ci tocca il portafoglio. E perché seguiamo queste suggestioni che ci ingabbiano in noi stessi? Forse anche noi, inconsapevolmente, crediamo di poter dire a Gesù: «Io so chi Tu sei» (cfr. Mc 1,24). Pensiamo di aver esaurito la conoscenza di Lui. Pensiamo che, se non ci cambia di Sua spontanea volontà, significa che non è interessato a guarirci e che, di conseguenza, dobbiamo arrangiarci da soli. E poi, in fondo, oggi viviamo in un’epoca tanto straordinaria… Oggi c’è internet a risolvere i problemi. Oggi c’è la scienza a pronunciare con autorità la sentenza definitiva sulla natura, sulla vita e sulla morte. Oggi l’uomo è tanto evoluto che può relegare le sue funzioni alle macchine. Oggi abbiamo il dono dell’ubiquità: rimanendo comodi in casa nostra possiamo raggiungere i luoghi più disparati, e la pandemia non frena le nostre comunicazioni da un capo all’altro del globo. Oggi basta un click per fare la spesa. Oggi… oggi sono felice?
Che c’entri con me, Gesù? Non c’è tecnologia, né superpotere che tenga, perché un minuscolo virus ci ha costretti ad essere onesti con noi stessi: abbiamo tutto, ma non abbiamo niente e la vita è imprevedibile. Franco Battiato cantava: «Cerco un centro di gravità permanente, che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente». Se Dio non è il centro della nostra vita, se Lui non ci sostiene, se non custodisce le leggi della fisica da Lui poste come argini, allora tutto va in fumo.
Riscopriamo in noi il dono di un Creatore e Salvatore tanto misericordioso da lasciare a noi la libertà di gridare a Lui con la nostra vita: «Gesù, Tu c’entri con me. Tu centri in me, sei Tu il mio centro». Signore Gesù, vieni a dimorare in noi! Sii Tu solo il nostro “centro di gravità permanente”.
Maria Chiara
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