Memoria di sant’Agostino, vescovo e insigne dottore della Chiesa: convertito alla fede cattolica dopo una adolescenza inquieta nei princípi e nei costumi, fu battezzato a Milano da sant’Ambrogio e, tornato in patria, condusse con alcuni amici vita
ascetica, dedita a Dio e allo studio delle Scritture. Eletto poi vescovo di Ippona in Africa, nell’odierna Algeria, fu per trentaquattro anni maestro del suo gregge, che istruì con sermoni e numerosi scritti, con i quali combatté anche strenuamente contro gli errori
del suo tempo o espose con sapienza la retta fede.
O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto ...
Dalle «Confessioni» di sant’Agostino, vescovo
Lc 14, 1. 7-14
Dal Vangelo secondo Luca
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cèdigli il posto!". Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: "Amico, vieni più avanti!". Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato".
Disse poi a colui che l'aveva invitato: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".
Parola del Signore.
UN ERRORE DI PROSPETTIVA
"La lumachella de la Vanagloria, che era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un'impronta ne la storia". Questi famosi versi del poeta romanesco Trilussa ci fanno sorridere ed anche intuire come a volte l'orgoglio ci disturbi, rendendoci ridicoli. Nel Vangelo di questa domenica cogliamo il sorriso del Signore Gesù che, osservando gli invitati che cercano i primi posti, li vede già destinati all'ultimo posto, coperti di vergogna. Finché la mentalità corrente ci contagia con la prospettiva che l'umiltà sia qualcosa di inutile e servile, non ci viene svelato il volto del Signore, nostro Maestro Salvatore. Egli pur essendo Dio si è abbassato assumendo la condizione umana e ha preso quell'ultimo posto che nessuno potrà mai sottrargli. Non ha voluto essere esaltato senza essere umiliato. “L'umiltà non è una qualche modestia, ma una parola cristologica, un'esigenza della fede” diceva Benedetto XVI. Guardando al Signore che si è fatto nostro amico, ha sofferto ed è morto per ciascuno di noi, possiamo intuire la nostra vera grandezza di persone amate da Dio ed anche la nostra piccolezza di creature, che non possiedono nulla se non ciò che ricevono in dono.
Mentre il Signore si è umiliato per amore, per farsi vicino a noi e portarci a Dio, quando evitiamo di guardare gli altri dall’alto noi ci mettiamo solo nella verità e liberiamo il nostro cuore per accoglierli e divenire aperti alla gratuità. Il Santo Cottolengo, che ha realmente offerto un banchetto a poveri, storpi e ciechi, accogliendoli nella Piccola Casa della Divina Provvidenza in tempi in cui non esisteva la previdenza sociale, diceva che “I poveri sono i nostri padroni perché ci apriranno le porte del Paradiso”. Ogni dono di noi stessi animato dalla gratuità, non ci impoverisce, ci prepara a ricevere un dono più grande, ci rende persone più grandi, più vicine a Dio, più ricche di gioia.
Emerge una domanda: posso verificare in qualche modo, se possiedo un po' di questa umiltà del cuore così preziosa? Ho già allontanato qualche volta dalla mia vita la prospettiva ingannevole dell'orgoglio? Papa Francesco parlando a Firenze ha affermato: “’Umanesimo cristiano è quello dei “sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5). Essi non sono astratte sensazioni provvisorie dell’animo, ma rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di prendere decisioni. Il primo sentimento è l’umiltà. “Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso” (Fil 2,3). Qui c’è un messaggio preciso. L’ossessione di preservare la propria gloria, la propria “dignità”, la propria influenza non deve far parte dei nostri sentimenti. Dobbiamo perseguire la gloria di Dio, e questa non coincide con la nostra. La gloria di Dio che sfolgora nell’umiltà della grotta di Betlemme o nel disonore della croce di Cristo ci sorprende sempre”.
Sr Maria Daniela del Monastero cottolenghino”Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù” - Pralormo
pubblicato sulla Gazzetta d'Asti
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