Nel monastero della Santissima Trinità a Mosca in Russia, san Sergio di Radonez, che, dopo aver condotto vita eremitica in foreste selvagge, abbracciò la vita cenobitica e,
eletto egúmeno, la propagò, mostrandosi uomo mite, consigliere di príncipi e consolatore dei fedeli.
Lc 9, 43-45
Dal Vangelo secondo Luca
In quel giorno, mentre tutti erano ammirati di tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: «Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini».
Essi però non capivano queste parole: restavano per loro così misteriose che non ne coglievano il senso, e avevano timore di interrogarlo su questo argomento. Parola del Signore.

Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento (Lc 9,45).
I soggetti sono i discepoli di Gesù. Questo dovrebbe farci sentire sollevati. Perché? Perché se non comprendevano loro che erano accanto a Gesù giorno e notte, allora non è una tragedia se non comprendiamo neppure noi proprio tutto.
Capire… che cosa? Il fatto è che Gesù ha appena detto: «Mettetevi bene in mente queste parole: Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato in mano degli uomini» (Lc 9,44). Tra l’altro, non l’ha detto dopo avere ricevuto insulti, ma proprio in occasione di un successo, come lo chiameremmo noi: ha appena guarito un ragazzo indemoniato che nessuno era riuscito a liberare (cfr. Lc 9,37-43). Dunque, quello che non intendono i discepoli è lo stesso argomento che spesso trova duri d’orecchi pure noi: la croce. A maggior ragione, non lo comprendono quando tutto sembra andare a gonfie vele.
Non è così anche per noi? Umanamente, nessuno vuole sentire parlare di croce. Non ne capiamo il senso, la temiamo, la rifuggiamo. Rabbrividiamo all’idea di toccarla con mano. Però, la croce non si può capire. Capita. Nessuno è esente. Capita anche all’improvviso, quando tutto sembra andare a gonfie vele. Forse non ci è chiesto tanto di capire, quanto di fidarci. Nei giorni scorsi, un frate francescano di passaggio, nell’omelia, parlava proprio di questo. Ad un certo punto, affermava che, anche se non comprendiamo la croce, guardandoci indietro, vedremo che proprio nei momenti più difficili della nostra vita siamo cresciuti. Non è il capirla, ma il viverla con Chi l’ha portata per tutti noi che cambia il nostro sguardo.
Secondo il suggerimento dello stesso frate, proviamo a chiedere a Gesù ogni giorno non tanto di farci capire la sofferenza secondo le nostre categorie mentali, ma di introdurci nel mistero della croce: questa è l’unica via di accesso alla Risurrezione. E a Maria domandiamo di aiutarci a vivere, come lei, nel pieno fiducioso abbandono a Dio, specialmente quando tutto sembra incomprensibile. Per lei non era forse illogico vedere morire sulla Croce il suo Figlio innocente e non poter fare nulla?
Maria Chiara
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