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2 agosto 2020 - XVIII domenica del T.O.

Memoria di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo

ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera dei Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà.


Tutta la santità e la perfezione di un’anima consiste nell’amar Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene e nostro Salvatore. La carità è quella che unisce e conserva tutte le virtù che rendono l’uomo perfetto. Forse Iddio non si merita tutto il nostro amore?


Dalla «Pratica di amare Gesù Cristo» di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo




Mt 14, 13-21 Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.

Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».

E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

Parola del Signore.


Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!

Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare» (Mt 14,15). I miseri e i poveri cercano acqua, ma non ce n’è. Ma Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mt 14,16). È come se Gesù dicesse: Il cibo l’avete, siete voi stessi, non avete che da distribuirlo.

O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, voi che avete fame e sete di giustizia comprate e mangiate (cfr. Is 55,1). Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato, perché Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete (Gv 6,35).

Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? (Is 55,2).

E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà (Mt 14,19-20a).

Ti ringraziamo, Signore, perché ci hai donato un pane del cielo, pronto, senza fatica, pane che porta in sé ogni dolcezza, capace di procurare ogni delizia e di soddisfare ogni gusto (cfr. Sap 16,20). E chi mai ci potrà separare da Te, che non ti prendi cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo, dunque di ognuno di noi singolarmente, personalmente? Chi ci separerà dal tuo amore? (cfr. Rm 8,35). Io sono, infatti, persuaso che nulla potrà mai separaci dall’amore folle di un Dio che espande la sua tenerezza su tutte le creature ed è vicino a chiunque Lo invoca con cuore sincero (Sl 144).

Sr. Marialuisa

«… non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui». E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. (Mt 14,17-20)

Il pane di vita – poiché in questo episodio del Vangelo, di questa XVIII domenica del Tempo ordinario, questo pane ci rimanda all’Eucarestia – ha la capacità di saziare tutti in abbondanza. Vien da dire: “Beati quelli che hanno fame… perché saranno saziati” (Mt 5,6).

Gesù ci chiede di sederci, benedice il poco messo in comune (già la disponibilità a condividere con gli altri è un gesto degno di benedizione, ma l’effetto immediato della benedizione di Gesù è che quel poco, nostro, messo nelle sue mani, è capace di sfamare, anzi saziare tutti, diventa molto per ciascuno) e ci invita ad accettare di ricevere attraverso i suoi ministri, coloro che Lui ha scelto, il nutrimento che Lui vuole darci. “I poveri mangeranno e saranno saziati” (Sl 22,27). Siamo saziati nella misura in cui diveniamo consapevoli della fame che abita l’uomo, quella nostra e dei nostri fratelli, e desideriamo che nessuno rimanga senza quel nutrimento che lo fa vivere in pienezza. Scrive PierAngelo Sequeri: “L’eucarestia è il buon pane che ci nutre. È il pane spezzato che ci dà la grazia di riuscire a sporgere la nostra vita in favore della vita altrui. Ha bisogno del nostro desiderio di stare con il Signore e di mangiare la Pasqua con Lui, per imparare a vivere per Lui. E a morire per altri. Sarà sempre poco quello che noi portiamo all’eucarestia. E sempre distratti ci ritroveremo, lì, nell’ascolto della parola. Ma se desideriamo ascoltare anche per altri, la parola arriverà pure a noi. Se desideriamo che altri abbiano cibo, noi stessi verremo abbondantemente nutriti” (PierAngelo Sequeri, «Ma cos’è questo per tanta gente?», Glossa, 61).

Credo che, in questo tempo di pandemia, in molti abbiano vissuto l’esperienza della nostalgia dell’Eucarestia, e così è cresciuta, per grazia, la consapevolezza di quanto il pane del cammino, fonte e culmine della vita cristiana, sia essenziale per vivere veramente come discepoli del Signore. Ma una cosa è saperlo in teoria, un’altra è sperimentarlo sulla propria pelle.

Sr. Chiara

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