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11 luglio 2020 - sabato della XIV settimana T.O.

Festa di san Benedetto, abate, che, nato a Norcia in Umbria ed educato a Roma, iniziò a condurre vita eremitica nella regione di Subiaco, raccogliendo intorno a sé molti discepoli; spostatosi poi a Cassino, fondò qui il celebre monastero e scrisse la regola, che tanto si diffuse in ogni luogo da meritargli il titolo di patriarca dei monaci in Occidente. Si ritiene sia morto il 21 marzo.

(21 marzo: A Montecassino, anniversario della morte di san Benedetto, abate, la cui memoria si celebra l’11 luglio).


Come vi è uno zelo cattivo e amaro che allontana da Dio e conduce all'inferno, così c'è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. In questo zelo i monaci devono esercitarsi con amore vivissimo; e perciò si prevengano l'un l'altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza le infermità fisiche e morali degli altri, si prestino a gara obbedienza reciproca. Nessuno cerchi il proprio utile, ma piuttosto quello degli altri, amino i fratelli con puro affetto, temano Dio, vogliano bene al proprio abate con sincera e umile carità.

Nulla assolutamente anteponiamo a Cristo e così egli, in compenso, ci condurrà tutti alla vita eterna. 

Dalla «Regola» di san Benedetto, abate

 

Mt 19,27-29 Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

Parola del Signore.


Che cosa dunque ne avremo?

Chiamati a diventare costruttori di pace in noi e intorno a noi, Gesù ci accompagna nella nostra traversata personale e interiore, per aiutarci a lasciar andare quello che se ne va e ad accogliere ciò che sta arrivando. Un vero cammino di crescita in umanità e in intensità di vita per partecipare alla trasformazione del mondo, ognuno secondo le proprie possibilità e responsabilità.

“Chiunque avrà lasciato case o fratelli o sorelle o padre o madre per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”.

L’amore è folle come la morte e i martiri d’amore soffrono mille volte di più conservando la loro vita, per fare la volontà di Dio che se dovessero darla mille volte per testimoniare la loro fede, il loro amore e la loro fedeltà.

Così diceva un giorno fratel Christian, martire d'Algeria, alla sua comunità parlando di San Benedetto, di cui oggi celebriamo la festa liturgica: «San Benedetto, padre del monachesimo d’occidente, aveva deciso di donare la propria vita non tramite lo spargimento di sangue, ma con un martirio silenzioso, il goccia a goccia della testimonianza evangelica. È morto come un albero antico. In piedi davanti al suo Signore e le radici sono i suoi tanti figli».

Come lui anche noi accogliamo con gioia e disponibilità la Parola di Gesù. Buona giornata.

Sr M. Barbara

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