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  • IL SILENZIO | Monastero Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù

    IL SILENZIO «Fa', o Signore, che la nostra vita di intimità con Te sia avvolta dal tuo silenzio; silenzio che è armonia; silenzio che è solitudine, ma che è pure parola. Fa' che la nostra cella, colma della tua "divina presenza", riecheggi il Verbo della Vita e nel profondo silenzio tutto prenda forma e SIA: tutto diventi AMEN!» ​ Il silenzio è il mezzo privilegiato e indispensabile per predisporsi all’unione con Dio, mediante l’ascolto della sua Parola, nel raccoglimento interiore. ​ Papa Francesco scrive: "Considero importante prestare attenzione al silenzio abitato dalla Presenza, come spazio necessario di ascolto e di ruminatio della Parola e presupposto per uno sguardo di fede che colga la presenza di Dio nella storia personale, in quella dei fratelli e delle sorelle che il Signore ci dona e nelle vicende del mondo contemporaneo. Il silenzio è vuoto di se stessi per fare spazio all'accolglienza" (VdQ 33) ​ Questo non impedisce però l’allegria e la solidarietà fraterna. Costituisce anzi un modo di essere presenti e di comunicare, in modo che va ben al di là delle parole. Pur vivendo in silenzio la nostra giornata, comunichiamo tra noi l’essenziale con il sorriso. Si può dire che questo sia il nostro linguaggio universale. Da sempre, il sorriso è per noi il mezzo più immediato per esprimere accoglienza, per facilitare la riconciliazione, per trasmettere la gioia. Guardarsi negli occhi e sorriderci con sincerità è un cammino di semplificazione e di umiltà che conduce alla trasparenza. È il cuore che deve imparare a tacere e pacificarsi, per vivere quella separazione dal mondo che ci è propria. Solitudine e silenzio per allontanarsi da tutto ciò che non è Dio. ​ Madre Maria dell’Agonia diceva: ​«Non arriveremo mai ad essere anime di preghiera se non ameremo il silenzio, perché chi con facilità parla, difficilmente potrà arrivare a questa santa unione con Dio». (dalla prima Regola) Maria >>

  • Lectio divina | Monastero Cottolenghino Adoratrici

    Che cos'è la LectioDivina? Suggerimenti per leggere la Scrittura, restare alla presenza del Signore, essere condotti alla preghiera Un luogo: di solitudine Beato chi custodisce gli insegnamenti del Signore (Sal 118,2) Se vuoi immergerti nella lettura della Parola di Dio, cerca un luogo di solitudine. La tua camera è un luogo adatto per metterti in ascolto di Dio. Una croce o un'icona ti possono aiutare a stare alla sua Presenza. Se hai voglia di fuggire, resisti. Qui non hai niente da fare, niente da dire. Ti stacchi da tutto. Aspetti. Desideri essere più leggero per essere più libero e disponibile. Qui non sei solo. La comunione dei Santi ti sostiene. Non sei qui per te solo. Sei unito a tutta la Chiesa. Attendi una Parola a nome di tutti gli uomini, tuoi fratelli e sorelle. Un tempo: il silenzio Parla Signore il tuo servo ascolta (1 Sam 3,10) Ascoltare chiede calma. Il silenzio attorno a te favorisce l'attenzione del cuore. Ci sono dei tempi più adatti alla calma: la mattina presto, la notte... Al Signore non possono essere riservati i ritagli di tempo. Resta fedele all'appuntamento con la Parola. Cerca il silenzio e la Presenza di Dio avvolgerà la tua vita. Cerca l'assiduità nella lettura perchè la Scrittura penetri nello spirito e nel corpo. Gli antichi imparavano a memoria i testi della Scrittura per rivivere in se stessi quello che avevano ascoltato. Perchè non provi anche tu? L'attenzione del cuore Parla Signore il tuo servo ascolta (1 Sam 3,10) La Parola di Dio vuole abitare il cuore, il centro della persona. La "lectio divina" è un metodo antico per fare abitare la Scrittura che leggi al centro della tua vita e per abbracciare tutta la persona. Il cuore, secondo la Scrittura, è la sede delle facoltà spirituali: memoria, intelligenza, affetto. E' l'attenzione del cuore il primo strumento della "lectio divina". Se vuoi ascoltare il Signore offri il tuo cuore a Dio. Lui ne faccia un cuore di carne, nuovo purificato. Solo un cuore mite può ricevere il dono di Dio. Il Signore ha promesso di dare un cuore nuovo a chi lo chiede (cfr. Ez 18,31). Quando cominci la "lectio divina" ricorda la parabola del seminatore. Il Signore sta per seminare la Parola in te. Tu sei uno di quei terreni: ingombro di sassi e spine, strada dove passa di tutto, terreno buono tenero e disponibile. La Parola cada in te come un terreno fecondo "un cuore buono che conserva la Parola ascoltata con perseveranza per portare frutto a suo tempo" (cfr. Lc 8,15). In un cuore puro il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, prenderanno dimora. I passi della Lectio Divina Chiede lo Spirito, riceverete l'illuminazione INTRODUZIONE Cercate con la lettura, troverete con la meditazione LECTIO - MEDITATIO Bussate nella preghiera, entrerete nella contemplazione ORATIO - CONTEMPLATIO - ACTIO Prima di iniziare la lettura delle Scritture PREGA lo Spirito santo che scenda in te, che "apra gli occhi del tuo cuore" e che riveli il volto di Dio non nella visione ma nella luce della fede. Prega con la certezza di essere esaudito, perchè Dio dona sempre lo Spirito santo a chi lo invoca con umiltà e docilità. Se vuoi prega così: Dio nostro, Padre della luce, tu hai inviato nel mondo tuo Figlio, Parola fatta carne per mostrarti a noi uomini. Invia ora il tuo Spirito santo su di me, affinchè possa incontrare Gesù Cristo in questa Parola che viene da te, affinchè lo conosca più intensamente e conoscendolo lo ami più intensamente pervenendo così alla beatitudine del Regno. Amen. Prega lo Spirito Santo Lectio - Meditatio LEGGI attentamente, adagio, più volte il testo: o un brano del lezionario o un brano di un libro biblico cursivamente, cercando di ASCOLTARLO con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza, con tutto il tuo essere. Silenzio esterno, silenzio interiore e concentrazione accompagnano la tua lettura e la rendono ascolto. Non scegliere a caso. Segui la liturgia del giorno oppure leggi un libro della Bibbia dall'inizio alla fine. Leggi il testo più volte, anche sussurrandolo. Cerca di imprimere il testo nel cuore e nella memoria. Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità (Ger 15,16). Lascia risuonare in te le parole che leggi fino quasi ad ascoltare la voce che esse custodiscono. La Parola che risuona è per te oggi, è da vivere insieme con la Chiesa, è per il bene degli uomini. RIFLETTI CON LA TUA INTELLIGENZA illuminata dalla luce di Dio sul testo. Aiutati da alcuni strumenti, concordanze bibliche, commenti patristici, esegetici, cercando di comprendere in profondità e in estensione che cosa "sta scritto", INTERPRETA LA SCRITTURA CON LA SCRITTURA cercando Cristo centro di ogni pagina e di tutta la Bibbia. La legge, i profeti, gli apostoli parlano sempre di lui. RILEGGI il testo cercando. Cerca il cuore del brano che hai letto. Non cercare quello che già sai. Non stancarti se per un po' il testo è muto. C'è una parola nuova che ti aspetta, che ti indica una via, che ti chiede un cambiamento, una conversione. RUMINA le parole nel tuo cuore e applica a te, alla tua situazione il messaggio del testo. Lasciati stupire, attrarre dalla Parola. Guarda a Cristo, rifletti Cristo in te e non guardare troppo a te stesso: è Lui che ti trasfigura. C'è da meravigliarsi nello scoprire che il Signore non è lontano. La sua Parola è molto vicina alla tua vita (cfr. Dt 30,11-14) Ora, ripieno di Parola di Dio, PARLA al tuo Signore o meglio RISPONDI a Lui, agli inviti, alle ispirazioni, ai richiami, ai messaggi, alle richieste che egli ti ha rivolto nella sua Parola compresa nello Spirito santo. Prega con franchezza, con fiducia, senza tregua e senza scivolare in troppe parole umane. E' il momento della LODE , del RINGRAZIAMENTO , dell' INTERCESSIONE . ​ Cerca di guardare con i suoi occhi ogni cosa: te stesso, gli altri, gli eventi, la storia, le creature tutte del mondo. CONTEMPLAZIONE E' VEDERE TUTTO E TUTTI CON GLI OCCHI DI DIO . ​ CONSERVA NEL TUO CUORE la Parola ricevuto, come Maria, la donna dell'ascolto. CONSERVA, CUSTODISCI, RICORDA la Parola ricevuta. Richiamala a te nelle diverse ore del giorno attraverso il ricordo del brano pregato o di un versetto. ​ Prendi risoluzioni pratiche in base alla tua vocazione e alla tua funzione tra gli uomini, lasciando sempre che la Parola abbia il primato e la centralità nella tua vita. IMPEGNATI A REALIZZARE LA PAROLA DI DIO nella tua giornata. ​ Preghiera

  • APPUNTAMENTI | 2019-2020 Mon. Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù

    INCONTRI dell'anno 2019-2020 Per riascoltare, rileggere... meditare, pregare... 25 marzo 2020 Pellegrinaggio dei cuori in Santuario Preghiera in Santuario 17 marzo 2020 ore 21.00 NON SI è TENUTO Incontro di preghiera con l'Adorazione Eucaristica e il Santo Rosario accompagnato dai canti di Taizé. Marzo 2020 Preghiera in Santuario 18 febbraio 2020 ore 21.00 ​ Incontro di preghiera con l'Adorazione Eucaristica e il Santo Rosario accompagnato dai canti di Taizé. Febbraio 2020 Preghiera in Santuario 21 gennaio 2020 ore 21.00 ​ Incontro di preghiera con l'Adorazione Eucaristica e il Santo Rosario accompagnato dai canti di Taizé. Gennaio 2020

  • Cronistoria 2021 | Monastero Cottolenghino Adoratrici

    15 agosto 2021 Festa dell'Assunta 2021

  • Serva di Dio suor Maria Carola Cecchin - Monastero Cottolenghino Adoratrici

    To play, press and hold the enter key. To stop, release the enter key. Serva di Dio Suor Maria Carola Cecchin Cittadella, Padova, 3 aprile 1877 - Mar Rosso, 13 novembre 1925 “Donna saggia e prudente: attiva, ma non dissipata; seria, ma non ruvida; schietta, ma non imprudente; di pietà luminosa e soave”: un giudizio che vale un panegirico, una sintesi di vita che da sola le meriterebbe l’aureola. Evidentemente c’è però anche molto di più, se dopo 90 anni la diocesi torinese ha deciso di avviarne la causa di beatificazione. E non ci sarà nemmeno bisogno di fare la ricognizione canonica dei suoi resti mortali, perché sono finiti in bocca ai pesci, tra le onde del Mar Rosso. Fiorina Cecchin nasce a Cittadella (Padova), il 3 aprile 1877, e a 19 anni entra al Cottolengo di Torino con il sogno di andare in missione. Prima, però, le fanno fare un po’ di gavetta, nel senso autentico del termine: qualche anno nella cucina di Giaveno, altri in quella della Piccola Casa di Torino, e solo a 28 anni le danno il via libera per il Kenya. Sono, questi, gli anni pionieristici delle missioni cottolenghine africane, che solo da un paio d’anni si sono aperte a nuove frontiere equatoriali: regnano la povertà assoluta, forse anche un po’ di improvvisazione, certamente tanti sacrifici e privazioni che raggiungono l’eroismo puro. Finalmente in missione, dove sempre aveva desiderato essere, comincia esattamente da dove si era fermata a Torino: cioè dalla cucina, dall’orto, dalle faccende di casa, solo con maggior disagio e cento difficoltà in più, perché “ha a disposizione una stufetta mezza rotta, un po’ di legna da bruciare, piatti di latta e al posto del pane usa una gran quantità di patate. Il cibo è scarso e non basta mai”. Se però è vero, come sembra, che “la grandezza non sta nelle cose che fai ma nell'amore che metti nel farle”, deve essere davvero tanto l’amore di questa suora, se subito, al di là della barriera imposta dalla lingua, “tutti conoscevano il suo grande cuore e ricorrevano a lei, certi di essere aiutati”. Dicono che quando arriva lei, in corsia o nei punti distribuzione viveri ai poveri, basta il suo sorriso e la sua giovialità per rallegrare tutti: più contagiosa di così! Poi comincia a destreggiarsi meglio nella lingua Kikuyu ed a comunicare con più scioltezza: le è possibile, allora, girare nei villaggi, cominciare un po’ di catechesi, curare qualche malato a domicilio. L’ubbidienza la porta da Limuru a Tigania (nel Meru), passando per Tusu, Iciagaki, Mogoiri e Wambogo: ad ogni tappa, il più delle volte, “la casa è una baracca, una sola padella funge da pentola: ma a poco a poco, viene eretta la casa in legno”: a lei il compito di renderla abitabile, coltivare il giardino e l’orto, abbellire il cortile, raccogliervi attorno una piccola comunità, preparare, insomma, condizioni più vivibili per chi verrà dopo di lei. Pure questa è carità. La prima guerra mondiale ha le sue ripercussioni anche in Africa e il Kenya si popola di ospedali militari, dove le suore sono più necessarie che mai per curare, fasciare, consolare, rasserenare. La “spagnola”, arrivata a decimare la popolazione, è riuscita a contagiarla, ma non a fermarla, perché pur bruciante di febbre continua a portare una buona parola, preparare al trapasso, amministrare un battesimo. Finita la guerra, nella missione di Tigania compare l’enterocolite sanguigna, a stremare chi è già cronicamente indebolito: anche le suore ne sono colpite e lei sollecita il rientro a Torino almeno delle più gravi, scrivendo in casa madre: “Ora che i passaggi marittimi sono liberi, speriamo che vengano chiamate in seno alla Piccola Casa, a godere un po’ di paradiso”. A dire il vero, anche lei sarebbe nel numero delle malate, anzi fino alla fine si porterà dietro le conseguenze dell’infezione, ma per se stessa nulla chiede, anzi si carica delle mansioni di chi parte. Del suo rientro si inizia a parlare solo nel 1923, quando le cottolenghine sono sostituite dalle missionarie della Consolata: anche in questo caso, però, lei è ultima ad abbandonare il Kenya insieme ad una consorella, perché bisogna lasciare ogni cosa in ordine e favorire l’inserimento delle nuove missionarie. Il viaggio di ritorno inizia il 25 ottobre 1925, ma per lei, ormai è troppo tardi: malattie e strapazzi l’hanno completamente consunta e muore a bordo della nave il successivo 13 novembre. La sua salma, avvolta in un semplice lenzuolo, viene adagiata tra le onde del Mar Rosso e tra queste scompare, come un seme nel solco della terra. E si vede che ha portato frutto, anche solo a giudicare dalle vocazioni cottolenghine sbocciate in Kenya, se la diocesi di Torino il 25 marzo 2014 ha deciso di far decollare la causa di beatificazione di Suor Maria Carola Cecchin. Autore: Gianpiero Pettiti Nasce a Cittadella (Padova), il 3 aprile 1877 – 130 anni fa – e entra tra le probande della Piccola Casa della Divina Provvidenza al “Cottolengo” di Torino il 27 agosto 1896, 139ª postulante di quell’anno. Veste l’abito religioso e inizia il noviziato il 2 ottobre 1897, con il nome di suor Maria Carola. Al secolo, si chiamava Fiorina Cecchin ed era stata davvero un bellissimo fiore di fede, purezza e dedizione a Gesù: continuerà ad esserlo come religiosa più che mai, così da stupire e da avvincere coloro che la incontreranno. Nell’Epifania del 1899, offre a Dio la professione dei santi voti ed è chiamata a umili servizi nella sua Famiglia religiosa: in cucina nel seminario di Giaveno per qualche anno, quindi nella cucina centrale della “Piccola Casa” a Torino insieme a suor Teobalda. La sua “vocazione”, che sente fin da giovanissima è “la missione”, per amore a Dio e alle anime: il 28 gennaio 1905, parte per l’Africa con la terza spedizione formata da sei suore della sua congregazione. Ha 28 anni. A Limuru, Tusu, Iciagaki (qui viene nominata superiora), a Mogoiri, a Wambogo, e per ultimo a Tigania-Meru, si dimostra “donna saggia e prudente, attiva, ma non dissipata, seria, ma non ruvida, schietta, ma non imprudente, di pietà luminosa e soave”. Così la delinea Madre Scolastica nel volumetto “Memorie di suor Maria Carola, missionaria”. “Na bòna mort” (una buona morte), questa è l’espressione che caratterizza il suo agire. Per un insuccesso, per una incomprensione, non si altera mai per cercare rivincite, né si amareggia per le cose spiacevoli della vita, perché pensa che la ricompensa di una buona morte, le fa superare le amarezze del cuore. A Iciagaki, impianta una nuova stazione missionaria. “La casa è una baracca, una sola padella funge da pentola: ma a poco a poco, viene eretta la casa in legno”. Suor Carola, la rende abitabile, coltiva il giardino e l’orto, abbellisce il cortile, raccoglie attorno a sé la piccola comunità. È mossa, in ogni sua azione, da un grande illimitato amore a Gesù. Tutto per il Paradiso Quando le fatiche sono terminate e può cominciare una normale vita missionaria, le giunge l’“obbedienza” di partire per Mogoiri. Accetta con gioia, confidando sempre “na bòna mort” e nella nuova sede, rimane assidua, laboriosa e serena, fino al giorno in cui viene inviata a Wambogo. Di lì erano partite per l’ospedale da campo suor Maria Daria e suor Rachele. Suor Carola le sostituisce in un momento drammatico. Reclutati gli uomini per una guerra (1915-1918) che non aveva nulla a che vedere con le scaramucce tribali, i poveretti si trovano a fare una guerra di cui non conoscono i mezzi e le strategie. Erano impegnati come portatori, ma anche così la guerra, per loro come per tutti, è una realtà orribile. Nei villaggi, rimanevano le donne che devono badare alle bestie e ai campi. “La spagnola” semina strage insieme alla guerra. Suor Carola vive questo momento terribile con la luce e la fortezza della carità di Cristo: davvero, come era stato per il Fondatore della sua Famiglia ­Religiosa, “caritas Christi urget nos”. Insieme alle consorelle testimonia l’amore di Dio Padre (“Deus caritas est”) verso i più poveri dei poveri, donando, insieme ai servizi più urgenti, la carità più grande: l’annuncio di Gesù, unico Salvatore, al quale corrispondono, per la grazia di Dio, meritata dal sacrificio e dalla preghiera, numerose conversioni a Lui. È Gesù solo che sostiene suor Carola e insieme il suo abituale pensiero a “na bona mort”, la morte in grazia di Dio, che chiede con assiduità nella preghiera e che l’avrebbe ricompensata di tutto, donandole di contemplare finalmente il volto del suo Sposo adorato. Incontrandolo, faccia a faccia, avrebbe visto il suo Signore che serve nei più poveri. Per Lui, per Lui solo, sempre, tutti i giorni dei suoi 20 anni di missione, con il buono e il cattivo tempo, “in cerca di anime, partiva... e avanti avanti, divorava la via con i suoi lunghi passi”. È partita per l’Africa, solo per Gesù e per le anime, non per essere turista, né animatrice sociale tanto meno rivoluzionaria. Solo per “la rivoluzione del Vangelo di Gesù”, che è l’unica a produrre novità vera di vita. L’ultima stazione della sua missione è Tigania, nel Meru, ove lascia ancora una volta la casa linda e ben fornita. Vedendo le difficoltà, si mette a canterellare: “La, la, na bona mort, na bona mort”. Sembra strano oggi, ma il pensiero dei novissimi – le realtà ultime – quanti santi, eroi e martiri, ha prodotto nella Chiesa. Così è per suor Carola. In quest’ultima missione, oltre i soliti disagi, una malattia dolorosa e debilitante, diagnosticata come enterocolite sanguigna, le procura gravi sofferenze. I postumi di questo male non le daranno tregua fino al giorno della sua morte. In una lettera del 14 marzo 1919, al Padre della Piccola Casa, sollecita il rientro delle Suore malate in Italia, scrivendo: “Ora che i passaggi marittimi sono liberi, speriamo che vengano chiamate in seno alla Piccola Casa, a godere un po’ di paradiso”. Suor Carola – insieme a suor Crescentina – sono le ultime a lasciare l’Africa il 25 ottobre 1925. Sulla nave, in via di ritorno, il 13 novembre 1925, suor Maria Carola, a 48 anni di età, va incontro a Dio. Celebrati i funerali a bordo, la sua salma viene sepolta, come allora si usava, tra le onde del Mar Rosso. Non le fu dato di godere un po’ di Paradiso nella Piccola Casa. Il suo Sposo divino, la volle direttamente nel Paradiso vero. Modello di vita missionaria e di santità, di eroica dedizione a Cristo e alle anime da salvare, anche oggi. Soprattutto oggi. Autore: Paolo Risso ​ tratto da Santi e Beati http://www.santiebeati.it/dettaglio/94995 ​

  • 18 settembre - Beato don Francesco Paleari Monastero Cottolenghino Adoratrici

    18 settembre: Beato Francesco Paleari Il grande scrittore russo Fëdor Dostojevskij disse: “Se volete conoscere a fondo un uomo, giudicatelo non dalle parole, dalle lacrime o dai suoi silenzi. Neppure le sue idee ve lo faranno conoscere appieno. Guardatelo bene quando sorride. Quest’uomo è buono se il suo sorriso è buono….”. E il sorriso inconfondibile, dolce, accattivante, di don Paleari fu il segno distintivo della sua bontà, che lo fece amare da tutti. Francesco Paleari nacque a Pogliano Milanese (MI) il 22 ottobre 1863, i suoi genitori Angelo Paleari e Serafina Oldani erano poveri contadini, ma nella loro famiglia non mancava la serenità e tanta fiducia in Dio e si lavorava sodo per crescere i cinque figli rimasti degli otto nati; la mortalità infantile dell’epoca mieteva vittime in quasi tutte le famiglie. Crebbe sereno, gioioso e ben disposto verso tutti i compagni in ogni occasione, tanto che a detta di qualcuno di loro, era impossibile litigare con lui; Franceschino non crebbe molto di statura e resterà sempre piuttosto piccolo ed esile nel fisico. Il parroco di Pogliano scorse in lui tutti i segni di una buona vocazione sacerdotale e per superare le difficoltà economiche della famiglia, che erano un ostacolo alla sua entrata in Seminario, scrisse a Torino alla ‘Piccola Casa della Divina Provvidenza’, fondata da s. Giuseppe Benedetto Cottolengo (1786-1842), dove il santo fondatore oltre ad accogliere fra le sue mura persone affette da ogni miseria umana, intese di dare aiuto anche nelle necessità spirituali, spesso altrettanto gravi. Pertanto aveva istituito anche un piccolo Seminario, dove le rette erano puramente simboliche, per poter studiare e diventare sacerdote dello stesso Istituto, oppure in completa libertà passare fra il clero diocesano. Il primo successore del Cottolengo, padre Anglesio rispose favorevolmente per l’ammissione di Franceschino Paleari fra gli aspiranti detti “Tommasini”. Superate le normali difficoltà derivanti dalla nostalgia dei familiari e della sua casa, dall’incertezza di aver scelto la strada giusta, Francesco Paleari si ambientò ottimamente e vivendo con mitezza, scrupolo, zelo nello studio, impegno formativo del suo carattere e della sua vocazione, compì tutti gli studi necessari, venendo ordinato sacerdote il 18 settembre 1886 a 23 anni. Durante il lungo corso di studi era stato continuamente in contatto con la triste realtà degli ospiti della ‘Piccola Casa della Divina Provvidenza’, poi chiamata “il Cottolengo di Torino”, solo chi era disposto a soffrire per gli altri con quasi nessuna soddisfazione personale, poteva restare a lavorare nella grande Istituzione e il giovane Francesco Paleari era uno di questi e decise di rimanere. Dopo 53 anni, alla sua morte fu detto di lui: “Don Paleari fu solo e sempre Sacerdote!”. La celebrazione della sua Messa era una mezz’ora di Paradiso per lui e per i presenti, tale era l’intensità spirituale, di fervore e di fede del ‘Piccolo Prete del Cottolengo’. Il giovane sacerdote fu incaricato d’insegnare il latino fra gli allievi cottolenghini e l’insegnamento per molti anni lo vedrà sempre Maestro diligente, preparato, paziente e persuasivo con il suo sorriso, non solo al Cottolengo, ma anche fra i Missionari della Consolata, fondati dal beato Giuseppe Allamano (1851-1926). Cambiò materia e testi d’insegnamento, cambiarono per età e intelligenza i suoi allievi, ma lui restò fino alla maturità il Maestro di filosofia di tante figure celebri per la loro riuscita, ma anche di tanti timidi allievi che si fermarono prima. Poi dalla Diocesi di Torino arrivarono sempre più spesso le richieste per incarichi al Piccolo Prete del Cottolengo. Per più di 40 anni fu confessore e direttore spirituale del Seminario diocesano, predicatore di Esercizi al Clero, a Religiose e ad ogni ceto di persone; Provicario dell’Arcidiocesi torinese, canonico del “Corpus Domini” dal 1922. Quanti l’avvicinavano, non finivano di stupirsi della mole incredibile di lavoro, che con una calma veramente inalterabile riusciva a smaltire. Accettava incarichi, lavori ingrati, impegni straordinari, a volte pesi eccessivi per le sue spalle e tutto con la semplicità di un “servizio dovuto”, quasi scusandosi di non fare di più. Nel 1936 ebbe frequenti crisi cardiache, che lo costrinsero ad una inattività assoluta, inchiodato alla sua Croce dalla malattia, fu un martirio del cuore e la lenta agonia della sua lucida e viva mente. Con le lacrime agli occhi diceva a chi lo avvicinava: “Noi dobbiamo essere nelle mani di Dio, come una palla nelle mani di un bambino che gioca. Quanto più forte la palla viene buttata a terra, tanto più rimbalza in alto!”. I superiori tentarono di farlo migliorare facendolo soggiornare a Celle Ligure nella colonia marina, ma inutilmente, quando fu riportato a Torino alla Piccola Casa della Provvidenza, la sua stanzetta d’ammalato diventò quasi una cappella, con la semplicità di un fanciullo continuava ad ubbidire a tutti. Dopo un’agonia di alcuni giorni morì il 7 maggio 1939, dopo tre anni di sofferenza e di lento spegnersi della sua grande vitalità; i funerali , come d’uso nella Piccola Casa dove ogni giorno la morte faceva il suo lavoro, dovevano essere estremamente semplici, perché lì non si facevano distinzioni dal Superiore Generale all’ultimo dei ricoverati e così doveva essere per il piccolo Prete anche se monsignore, canonico e con altri meritati titoli. Ma la voce si diffuse per Torino e man mano affluirono tanti suoi allievi, monsignori, vescovi, sacerdoti, popolo, professionisti, giovani, tanti poveri, ognuno volle rendere omaggio al piccolo emulo del suo Fondatore del quale aveva anche nel viso una forte somiglianza. I funerali furono un vero trionfo; per la fama di santità che l’accompagnò anche dopo morto, la sua salma il 6 maggio 1946, fu traslata dal cimitero di Torino alla Chiesa del Cottolengo e tumulata non lontno dal fondatore San Giuseppe Benedetto Cottolengo. La Causa di Beatificazione, iniziata l'11 giugno 1947, fu affidata nel 1980 a P. Antonio Cairoli, Postulatore generale OFM. Il 6 aprile 1998 don Francesco è stato dichiarato venerabile dal Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) e il 10 dicembre 2010 fu promulgato il decreto che riconosce la guarigione miracolosa ottenuta per sua intercessione. Don Francesco Paleari è stato beatificato il 17 settembre 2011 nella Chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza a Torino; il rito è stato presieduto, in rappresentanza di Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger, 2005-2013), da S. Em. Angelo Card. Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. La sua salma è stata ricollocata nella cappella di fronte a quella del Santo Cottolengo. Piace concludere questa piccola scheda riportando alcune massime di don Francesco Paleari: “La Croce prima è amarissima, poi amara, poi dolce e infine rapisce in estasi”. “Il Signore ci manda le sofferenze per tre P; per pena, per prova, per premio”. “Prontezza nel cominciare, pazienza nel continuare, perseveranza nel terminare”. Autore: Antonio Borrelli (da http://www.santiebeati.it/dettaglio/92345 ) ​ ​

  • LA COMUNITA' | Monastero Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù

    LA COMUNITA' Vita liturgica >> «... solo se è in pace con tutti il cuore della contemplativa può sfociare nell'orazione continua». ​ Siamo una comunità contemplativa composta da circa 25 sorelle, di tutte le età, provenienti da varie regioni d'Italia, caratterizzata da una grande valorizzazione della vita fraterna, del sacrificio di sé nel servizio disponibile del lavoro e nell’ascesi cenobitica. ​ Una fraternità ricca di gioia è un vero dono dell'Alto ai fratelli che sanno chiederlo e che sanno accettarsi impegnandosi nella vita fraterna con fiducia nell'azione dello Spirito e con un'incessante riconciliazione (cfr. VF 28). ​ La separazione dal mondo e l'assenza di opere specifiche di apostolato contribuiscono a far si che ogni sorella sia sempre in cammino verso una fraternità sempre più vasta e profonda che si esprime nella gioia. ​ Papa Francesco ci ha scritto: "La comunione fraterna è riflesso del modo di essere e di donarsi di Dio, è testimonianza che Dio è amore... perciò la comunità fraterna diventa riflesso della grazia del Dio Trinità d'Amore... Una comunità esiste in quanto nasce e si edifica con l'apporto di tutti, ciascuno secondo i propri doni, coltivando una forte spiritualità di comunione che conduca a sentire e vivere la mutua appartenenza" . (VdQ 25) ​ Come la prima comunità dei discepoli, l'amore di Cristo ci ha riunito per diventare una sola cosa e rispondere all'amore del Padre, amando "con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze" e amando il prossimo "come se stessi".

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  • LA NOSTRA VITA | Monastero Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù

    LA NOSTRA VITA Siate fari, per i vicini e soprattutto per i lontani. Siate fiaccole che accompagnano il cammino degli uomini e delle donne nella notte oscura del tempo. Siate sentinelle del mattino che annunciano il sorgere del sole. (Papa Francesco) CARITAS CHRISTI URGET NOS Viviamo per essere memoria dell’esistenza e della presenza di Dio in questo mondo. ​ La nostra missione è quella di testimoniare che per ogni uomo la Realtà è Cristo, unica via che conduce alla vita eterna. Siamo tutti figli di un Buon Padre e viviamo quotidianamente l'abbandono alla Divina Provvidenza che mai ci fa mancare il necessario sostentamento materiale e spirituale. La nostra vita, anche a nome dei fratelli, è lode e gratitudine per il dono della Redenzione, nel suo Sangue, e per ogni altro dono. Rimaniamo nell'amore e sosteniamo l'amore che possiede e spinge ogni figlio della Piccola Casa con la perseveranza nella preghiera. ​ Viviamo all’ombra di Maria, Madre della Chiesa: contemplazione è responsabilità. Il sì di Maria l’ha resa responsabile di tutti gli uomini e il nostro sì, in unione al suo, ci rende responsabili di tutti coloro che ci sono affidati. L’“eccomi” che abbiamo pronunciato di fronte alla chiamata di Dio ci inserisce nella risposta di Maria, che si è resa disponibile alla totalità del progetto di Dio. ​ Nel silenzio custodiamo la libertà interiore di volgerci a Dio e di attingere al suo Amore per noi e per gli altri. La nostra vita nel silenzio vuole accogliere la gratuità dell’amore di Cristo che per noi è presente nell’Eucaristia e opera silenziosamente in tutto l’universo e nelle nostre anime. ​ "Scegliendo uno spazio circoscritto come luogo di vita, partecipiamo all'annientamento di Cristo, mediante una povertà radicale che si esprime nella rinuncia non solo alle cose, ma anche allo "spazio", ai contatti, a tanti beni del creato" (VC 59). ​ La nostra esperienza diventa amore e liberazione: "Si tratta di "rinchiudere" in Dio la propria libera volontà di creatura ancora autonoma e staccata dal Creatore; è proprio attraverso questa "clausura" che essa giunge alla libertà autentica, che è tale perchè eterna e divina" (Von Balthasar). Comunità >>

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