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9 ottobre 2019 - mercoledì XXVII settimana TO

Aggiornamento: 16 feb 2020


Lc 11, 1-4 Dal Vangelo secondo Luca

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione».

Parola del Signore.

Padre nostro che sei nei cieli

Scrive Cardinal Martini: tutti noi, come il discepolo innominato, abbiamo detto tante volte: “Signore, insegnaci a pregare”, che cosa chiedevamo?

Penso che molta gente, quando pone tale domanda, non di rado desidera anzitutto raggiungere quell’unità interiore, quel raccoglimento, quel possesso di sé, quella gioia di tenersi bene in mano che è caratteristica di una preghiera profonda. Si tratta di atteggiamenti positivi e utili, ma siamo ancora nell’ambito di una preghiera psicologica, tesa a ottenere benefici: imparare a essere calmo, tranquillo, raccolto, pacificato, coordinato, senza una sarabanda di pensieri che mi frulla sulla testa.

Noi vogliamo tuttavia chiedere a Gesù di insegnarci a pregare nello Spirito, soprattutto di insegnarci la disposizione interiore e quali siano le richieste da presentare.”

Gesù non ci dà la preghiera, ma ci riconsegna il Padre. Ci insegna a entrare nella relazione con il Padre. Il problema è come entrare in questo rapporto, come essere consapevole di essere davanti a un Tu, avere la percezione che sto parlando con una Persona, viva e vera. Le parole sostengono questa relazione. Chiediamo la grazia di essere presenti, di vivere alla presenza di Dio e di avere l’intima consapevolezza della Sua Presenza.

Quindi per me, per noi imparare a pregare vuol dire imparare ad affidarci allo Spirito di Gesù che ci muove a recitare il Padre nostro e ci introduce nella relazione, fino a raggiungere quel bellissimo stato d’animo di cui ci ha parlato Gesù: ”non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.” (Mt 10,19-20)

“E voi avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!” (Rm 8,15). Gesù ci dà il suo spirito e nel suo spirito possiamo dire “Padre”: Padre di Gesù, Padre mio.

“Lo spirito stesso insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (Rm 8,16). Essere figli del Padre è la nostra identità, è ciò che ci definisce nel nostro essere più profondo. Tutta la nostra vita si gioca in questa relazione, però questo si compie “per Cristo, con Cristo e in Cristo come diciamo nella Messa”, questo perché “nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.” (Mt 11,27)

E il Padre in Gesù ci dice: “tu sei mio figlio prediletto, tu sei la mia figlia prediletta” e noi rispondiamo con la parola: “Padre”.

Signore Gesù, facci conoscere il Padre.

sr M. Benedetta


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