Lc 15, 1-10 Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Parola del Signore.
La nostra Madre Patrizia, un giorno commentando questo passo, ci ha detto: “ Gesù non ha pecore che non siano perdute. Al massimo qualche pecora può illudersi di essere sempre stata col pastore, ma non è così. Solo la pecora che si lascia trovare e caricare sulle spalle è in realtà SUA pecora. Diventiamo realmente sua proprietà non per qualche nostro merito, ma semplicemente se ci lasciamo trovare, se ci arrendiamo a Lui. La resa incondizionata ci rende ritrovabili e riconducibili nell’ovile del Pastore. E cos’è questo ”ovile”? È esattamente il luogo da cui siamo usciti perdendoci il suo cuore. Ci siamo allontanati dal cuore di Dio e ci siamo perduti. Tutti. Non esistono 99 pecore, esiste solo 1 pecora, ciascuno di noi. Esiste solo una pecora per Gesù, perché ciascuno è unico”.
Dio preferisce ciascuno. Non priva nessuno del suo amore. C’è una tragica possibilità della libertà dell’uomo di porsi fuori di Dio. È l’uomo stesso che sceglie o rifiuta il suo amore. Ecco perché la necessità della conversione.
Che cos’è la conversione a Dio?
Per me, la conversione quotidiana a Dio, è lasciarsi trafiggere nell’intimo del cuore da queste parole:
”Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo.
Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni”. (Is. 43, 1.4).
Ti ho trovata, sei la mia pecora!
La conversione a Dio è lasciarsi caricare sulle sue spalle, e questo perché si è gustato la sua misericordia e il suo amore: una misericordia che sempre ci dà tempo, ci perdona, ci permette ogni volta di tornare nella sua casa, di dimorare nelle sue piaghe; e un amore che non viene meno, che sempre afferra la nostra mano e ci sorregge, ci rialza, ci guida.
Solo se ci sentiamo amati, possiamo convertirci all’amore.
Sr. M. Benedetta
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