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17 gennaio 2021 - II domenica del T.O.

Memoria di sant’Antonio, abate, che, rimasto orfano, facendo suoi i precetti evangelici distribuì tutti i suoi beni ai poveri e si ritirò nel deserto della Tebaide in Egitto, dove intraprese la vita ascetica; si adoperò pure per fortificare la Chiesa, sostenendo

i confessori della fede durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, e appoggiò sant’Atanasio nella lotta contro gli ariani. Tanti furono i suoi discepoli da essere chiamato padre dei monaci.


Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell’animo ogni cosa al punto che la

memoria finì per sostituire i libri.

Dalla «Vita di sant’Antonio» scritta da sant’Atanasio vescovo



Gv 1, 35-42 Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.

Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro. Parola del Signore.

... Rabbì, dove dimori?

CARTELLI STRADALI

Certe volte mi chiedo come si comporterebbe un altro (io in primis) al posto del Battista e, devo ammettere, la mia ammirazione nei suoi confronti cresce di pari passo con la sua umiltà. Chi di noi, raggiunto un certo successo a livello relazionale, non proverebbe un pizzico d’orgoglio? Basterebbe quel pizzico soltanto per tenersi ben strette le persone su cui esercitiamo una certa influenza. Non è necessario diventare delle star del cinema per correre il rischio: può capitare anche negli ordinari rapporti educativi, di amicizia, familiari… Ebbene, quando la natura dota di un briciolo di carisma, si diventa il leader della situazione. Che fa il leader? Sfrutta al massimo le proprie risorse per accattivarsi sempre più il codazzo di gente attratta dal suo carisma. Non così Giovanni il Battista: non appena fissa lo sguardo su Gesù, Lo indica ai suoi discepoli come il vero leader. È impressionante: Giovanni è disposto a rimanere solo, senza discepoli, perché è ben consapevole di chi è lui e di Chi è Gesù. Conosce se stesso come strumento per preparare le anime all’incontro con il Signore e gioisce dell’arrivo dello Sposo delle anime.

Rimandare continuamente a Cristo, questa è la missione a cui siamo chiamati. È facile sviare, perché si è sempre tentati di pensare che, se qualche persona ci dà credito, è per i nostri talenti. Ma riflettiamo: ce li siamo dati noi i talenti? Non siamo neanche in grado di darci il respiro, e in questo periodo di pandemia è lampante. Noi non siamo la meta, ma semplici cartelli stradali che indicano più in là. Quando Gesù ci raggiunge è per raggiungere noi e gli altri. Scrive San Paolo: “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito” (1Cor 6,15.17). Ecco, tutto di noi, e perfino il nostro corpo, il nostro modo di vestirci, i nostri atteggiamenti, le nostre reazioni… possono essere cartelli stradali per indicare Gesù. Impariamo da Giovanni il Battista. Impariamo da Andrea, il quale “incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» e lo condusse da Gesù” (Gv 1,41). Impariamo dai Santi, come il Beato Carlo Acutis, che ripeteva con le parole e con le opere: «Non io, ma Dio». Non perdiamo la D per strada per foraggiare il nostro io. Sappiamo bene che anche se il mondo intero ci adulasse, non saremmo mai soddisfatti, anzi! Sempre più avidi di attenzioni, sulle orme della regina di Biancaneve diventeremmo schiavi del giudizio degli altri, ai quali ci rivolgeremmo come allo specchio magico per ricevere da loro continue, insaziabili conferme.

Da una settimana ci siamo lasciati alle spalle il tempo di Natale e avanziamo nel tempo liturgico detto Ordinario. In questo periodo così straordinariamente drammatico, la liturgia ci ricorda che è nell’ordinarietà della nostra vita quotidiana che lo Sposo viene a incontrarci. Chiediamo a San Giovanni Battista di tenerci svegli, pronti a riconoscere Gesù che passa oggi per indicarLo a chi ci circonda.

Maria Chiara


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