Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
Dalle «Opere» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa
Mc 14, 12-16. 22-26
Dal Vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Parola del Signore.
Preparare o lasciarsi preparare?
Nel Vangelo che ci propone oggi la liturgia, risuona la domanda: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». Continuando la lettura scopriamo che Gesù sa già che è pronta “una grande sala con i tappeti”, anche se ripete “lì preparate la cena per noi”.
Secondo la tradizione, con la processione nelle vie del paese e gli addobbi floreali, cerchiamo anche noi di preparare un luogo accogliente per il grandissimo dono della presenza reale di Cristo tra di noi, ma presto ci accorgiamo che il posto è già preparato. È bello pensare che, se noi lo lasciamo operare, Dio si costruisce nella nostra anima una dimora adatta, perché non c’è luogo più bello della nostra persona per accogliere e far vivere il Signore. Tanta dignità ha la nostra anima da poterla paragonare al Tempio di Gerusalemme, di cui i Salmi dicono: “Sì, il Signore ha scelto Sion, l’ha voluta per sua residenza. Questo sarà il luogo del mio riposo per sempre. Qui risiederò, perché l’ho voluto” (Sl 131).
La lettera agli Ebrei sottolinea l’Opera della Redenzione, non è costruita da mano d’uomo, non appartiene a questa creazione. È Cristo che con il suo sangue ci ha ottenuto questa redenzione eterna e ci ha rivestiti di Lui.
Alla festa dell’Alleanza, prefigurata nell’aspersione con il sangue da parte di Mosè, ma celebrata sul monte Calvario, dove ritorniamo in ogni celebrazione eucaristica, siamo tutti invitati, rivestiti dell’abito bianco del nostro battesimo che riceviamo per grazia. Anche il profeta Isaia scrive: “Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza” (Is 61,10) e nell’Apocalisse leggiamo che la veste è bianca perché è stata lavata nel sangue dell’Agnello (Ap 7,14).
La celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all’unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Il Signore ci rivolge un invito pressante a riceverlo nel sacramento dell’Eucaristia. «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la Carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53) (cfr. CCC 1382-1384).
Affinché non ci sia nessuno che mangi il pane o beva il calice del Signore in modo indegno (cfr. 1 Cor 11ss) possiamo domandarci: come ci prepariamo? San Paolo ci spiega: «Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione». (Col 3,12-14). Questo è il modo in cui anche noi possiamo essere pronti, per lasciarci mangiare dai fratelli, come ha fatto Gesù!
Deo gratias!
Sr M. Chiara del Monastero Cottolenghino Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Gesù
Pubblicato sulla Gazzetta d'Asti
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