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27 luglio 2023 - giovedì della 16a settimana Tempo Ordinario

Mt 13, 10-17 Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».

Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.

Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:

"Udrete, sì, ma non comprenderete,

guarderete, sì, ma non vedrete.

Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,

sono diventati duri di orecchi

e hanno chiuso gli occhi,

perché non vedano con gli occhi,

non ascoltino con gli orecchi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano e io li guarisca!".

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!».


Parola del Signore.


... il cuore di questo popolo è diventato insensibile ...

Sono colpita da questa frase del Vangelo di Matteo che oggi la liturgia ci offre: «Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano»e mi verrebbe da cambiarla così: Beati i vostri occhi quando vedono e i vostri orecchi quando ascoltano. Infatti guardare non sempre vuol dire vedere. Quando qualcuno vede veramente è perché quella persona è stata illuminata, ha ricevuto questa grazia. Così non sempre chi sente sta ascoltando, cioè fa attenzione alle parole che l’altro sta dicendo. Forse la differenza è proprio qui nell’attenzione interiore, che dona la gioia di cominciare a vedere e di imparare ad ascoltare. “Soltanto chi è capace di attenzione” scrive Simone Weil in Attesa di Dio, la raccolta più famosa dei sui testi, “è capace di questo sguardo…” (S.Weil, Attesa di Dio, Rusconi, 84) che vede.

«Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano». Gesù parlando ai suoi discepoli lo dava per certo, ma pensando a me e a noi, discepoli del terzo millennio, mi pare proprio suoni meglio così: Beati i vostri occhi quando vedono e i vostri orecchi quando ascoltano. Resta vero che non possiamo vedere Gesù come hanno potuto fare loro; ma, per suo dono, possiamo riconoscerlo vivo e presente nella nostra vita, nelle celebrazioni vissute, negli avvenimenti quotidiani, nelle persone incontrate. Non possiamo sentire Gesù come è stato possibile per chi viveva e camminava con Lui; ma nella fede, per grazia, possiamo ascoltare e riascoltare la sua voce nella Parola, nelle sue parole trasmesse a noi dagli evangelisti, e riconoscere che Lui ora ci sta parlando, e lo fa in tanti modi, anche attraverso quella persona così lontana dal nostro comune sentire ecclesiale, perché il Signore «agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,6). Allora, prendere coscienza che è Lui a parlarci, è come iniziare a vedere. Così anche noi, con il cieco guarito da Gesù, potremo esclamare: «Prima ero cieco, ora comincio a vedere» (Cfr Gv 9,25). C’è in questa esperienza una gradualità, una maturazione progressiva che avrà pieno compimento nell’ultimo giorno della nostra vita terrena quando il Signore ci chiamerà all’incontro con Lui.


Signore, apri i nostri occhi

per vedere le necessità dei fratelli (dalla liturgia)

e riconoscerTi in loro

presente e vivo in mezzo a noi.

Signore, apri le nostre orecchie

per ascoltarTi nella tua Parola

e in coloro che la tua Provvidenza ci dona di incontrare ogni giorno,

per vivere, fin d’ora, la beatitudine dei discepoli:

«Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano». Amen.

Sr. Chiara


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