Santa Rosa, vergine, che, insigne fin da fanciulla per la sua austera sobrietà di vita, vestì a Lima in Perù l’abito delle Suore del Terz’Ordine regolare dei Predicatori. Dedita alla penitenza e alla preghiera e ardente di zelo per la salvezza dei peccatori e delle
popolazioni indigene, aspirava a donare la vita per loro, giungendo a imporsi grandi sacrifici, pur di ottenere loro la salvezza della fede in Cristo. La sua morte avvenne il giorno seguente a questo.
Da parte di Cristo e con parole della sua stessa bocca vi avverto che non si riceve grazia
senza soffrire afflizioni.
Dagli «Scritti» di santa Rosa da Lima, vergine
Mt 20, 1-16
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna".
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo".
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?".
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Parola del Signore.
La parabola che oggi la Liturgia ci propone potrebbe lasciarci interdetti rispetto all’atteggiamento del padrone della vigna. Infatti, quest’ultimo ricompensa tanto i lavoratori che hanno faticato tutta la giornata quanto quelli dell’ultima ora con la paga intera. I conti non tornano, logicamente, e quelli che hanno sgobbato tutto il giorno se ne lamentano. Può essere capitato anche a noi , in certe situazioni, di immedesimarci con gli operai chiamati all’alba, specialmente quando non ci siamo sentiti riconosciuti nel nostro essere arrivati prima e nel nostro impegno… Quante invidie e gelosie nascono dai confronti! A tutti succede, prima o poi, è profondamente umano.
Tuttavia, perché non proviamo a dirottare l’attenzione su qualcosa di più interessante e che, in questa parabola, rischia di passare inosservato? Perché non provare a gustare e vedere quanto è buono il Signore (cfr. Sal 33), osservando chi nella parabola lo rappresenta, cioè il padrone della vigna? Che dire delle sue cinque uscite durante l’arco della giornata? Non sarebbe bastato reclutare forza-lavoro solo al mattino, tutta in una volta? Perché, invece di starsene a casa per supervisionare i lavori o per riposare comodamente continua a uscire, anche a mezzogiorno, magari sotto il sole cocente, quando rischierebbe di non trovare nessuno? E perché cercare anche alle cinque pomeridiane, quando i lavori volgono al termine? Nessun uomo interessato a guadagnare si comporterebbe così. Da questa parabola, perciò, capiamo qual è il vero interesse di Dio nel chiamarci alla sua vigna: non un suo guadagno, ma la nostra persona. Non gli importa se arriviamo all’inizio della vita, a metà o al termine: gli importa che arriviamo a Lui. È stare presso di Lui che paga, non languire sfaccendati tirando a campare, né ricevere le ricompense che pensiamo corrispondano alle nostre fatiche nel lavorare per Lui. E anche quando non comprendiamo la Sua logica, Lui che fa? Si rivolge noi personalmente, come se fossimo unici, richiamandoci alla realtà con la parola: “Amico…”.
A volte ci dipingiamo un Dio ingiusto, che fa le preferenze, proprio come i vigniaioli della prima ora. Questa non è la logica di Dio, ma la nostra, basata non sull’amicizia, ma sul contratto. Se Dio ci recluta non è per trattarci da servi, perché ci ha chiamati amici (cfr. Gv 15,15). Un amico non misura la benevolenza dell’altro sulla base dei regali, dei complimenti, delle ricompense. Sa di essere amato sempre, dal momento in cui Dio l’ha preso. E noi, ci sentiamo servi da retribuire o amici del Signore?
Suor Maria Chiara Amata
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