Memoria di sant’Antonio, abate, che, rimasto orfano, facendo suoi i precetti evangelici distribuì tutti i suoi beni ai poveri e si ritirò nel deserto della Tebaide in Egitto, dove intraprese la vita ascetica; si adoperò pure per fortificare la Chiesa, sostenendo i confessori della fede durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, e appoggiò sant’Atanasio nella lotta contro gli ariani. Tanti furono i suoi discepoli da essere chiamato padre dei monaci.
Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell’animo ogni cosa al punto che la
memoria finì per sostituire i libri.
Dalla «Vita di sant’Antonio» scritta da sant’Atanasio vescovo
Mt 19,16-21
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, un tale gli si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?». Egli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Ed egli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi». Parola del Signore.
La nostra Comunità ha scelto di celebrare la memoria di S. Antonio abate come festa, non solo perché il Santo Cottolengo in questa data inizia ad accogliere i primi ospiti in quella che sarebbe diventata la Piccola Casa della Divina Provvidenza; ma anche perché noi, in quanto suore di vita contemplativa, troviamo in Antonio – riconosciuto nella storia monastica come padre dei monaci – un riferimento importante. Per questo il Vangelo di oggi per noi è proprio. E’ il Vangelo del giovane ricco.
Dio chiede agli uomini qualcosa che a noi non è possibile senza il suo aiuto. Infatti non possiamo salvarci da soli e non sappiamo staccarci facilmente dalle nostre ricchezze, qualunque esse siano. Come fare? Mi viene in mente la risposta di Simone a Gesù quando Gesù chiama i primi discepoli: “Sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5) e penso all’esperienza di profonda indegnità che egli ha vissuto in quella situazione accorgendosi di non aver capito niente e riconoscendosi peccatore di fronte a Gesù. Ma proprio per questo atto di verità, Gesù lo rimette in piedi e gli dà piena fiducia.
Gesù ci chiede di metterci in gioco – di non stare alla finestra a guardare, come ripete in più occasioni Papa Francesco – Gesù ci chiede di fidarci di Lui. “Cosa mi manca?” chiede il giovane ricco a Gesù. Ascoltando o leggendo le testimonianze di chi ha scelto di seguire Gesù, ed è stata anche la mia esperienza, si scopre che la vita, prima, mancava di quella pienezza che fa si che la vita sia veramente tale. Ma quel vuoto interiore apre uno spiraglio nel cuore in cui trova posto l’invito di Gesù, che è venuto a donarci una vita in pienezza. Inizia, per “chi decide il santo viaggio” (cfr Sl 84,6) una esperienza che dura per l’intera esistenza, in cui, lasciandosi guidare, a Dio è possibile realizzare, insieme a noi, nella nostra vita, ciò che a noi, senza di Lui, non sarebbe possibile. E questa è stata anche l’esperienza di Antonio e di coloro che hanno creduto e vissuto secondo il Vangelo. I santi ci aiutano a essere veri cristiani nella nostra chiamata specifica.
Oggi è anche la giornata dell’approfondimento del dialogo ebraico- cristiano. Nel dialogo c’è questo mettersi in gioco che apre nuovi sentieri, dà inizio a nuovi processi (cfr. EG 223) che aiutano a crescere umanamente e spiritualmente le persone e l’intera comunità.
Buona settimana di preghiera per l’unità dei cristiani!
Sr. Chiara
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