Memoria di san Benedetto, abate, che, nato a Norcia in Umbria ed educato a Roma, iniziò a condurre vita eremitica nella regione di Subiaco, raccogliendo intorno a sé molti discepoli; spostatosi poi a Cassino, fondò qui il celebre monastero e scrisse la regola, che tanto si diffuse in ogni luogo da meritargli il titolo di patriarca dei monaci in Occidente. Si ritiene sia morto il 21 marzo.
In questo zelo i monaci devono esercitarsi con amore vivissimo; e perciò si prevengano l'un l'altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza le infermità fisiche e morali degli altri, si prestino a gara obbedienza reciproca. Nessuno cerchi il proprio utile, ma piuttosto quello degli altri, amino i fratelli con puro affetto, temano Dio, vogliano bene al proprio abate con sincera e umile carità.
Nulla assolutamente anteponiamo a Cristo e così egli, in compenso, ci condurrà tutti alla vita eterna.
Dalla «Regola» di san Benedetto, abate
Mt 19,27-29
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
Parola del Signore.
…che cosa dunque ne avremo? (Mt 19,27b).
Nel Vangelo di oggi s’impone una parola apparentemente facile da comprendere, ma non da vivere: lasciare.
Pietro chiede a Gesù che cosa si guadagna dopo aver lasciato tutto per seguire Lui. Ha lasciato veramente tanto: la famiglia, la professione, le sicurezze di ciò che conosceva. Ha lasciato tutto, come anche noi, quando abbiamo deciso di seguire seriamente il Signore, attraverso lo stato di vita a cui ci ha chiamato, matrimoniale o celibatario, clericale o laicale… La sequela ci ha chiesto tanto, persino di rinunciare a certe abitudini e a certe frequentazioni che potevano sembrare innocue, ma che non ci aiutavano a vivere il Vangelo. L’entusiasmo degli inizi, di solito, senza nulla togliere alla sofferenza della potatura, facilita questo processo. Ma, quando evapora l’entusiasmo, sorge la domanda posta da Pietro. Una domanda che, sotto sotto, lascia intravedere qualche malcelato rimpianto. Fisicamente il legame con ciò che si è lasciato è stato spezzato, ma a livello di cuore? Perché il pensiero ritorna lì dove pensavamo di avere chiuso, tanto da chiedere delle compensazioni?
Giunge allora il momento della verità. Abbiamo lasciato tutto perché eravamo convinti di non lasciare niente, seguendo il nostro vero Tutto. E adesso? Sì, abbiamo lasciato tutto, ma lo abbiamo lasciato del tutto?
sr M. Chiara Amata
Comments