Memoria di san Leone I, papa e dottore della Chiesa: nato in Toscana, fu dapprima a Roma solerte diacono e poi, elevato alla cattedra di Pietro, meritò a buon diritto l’appellativo di Magno sia per aver nutrito il gregge a lui affidato con la sua parola
raffinata e saggia, sia per aver sostenuto strenuamente attraverso i suoi legati nel Concilio Ecumenico di Calcedonia la retta dottrina sull’incarnazione di Dio.
Riposò nel Signore a Roma, dove in questo giorno fu deposto presso san Pietro.
Ma gioia più genuina e più alta sarà per noi se non vi fermerete a considerare la nostra povera persona, ma piuttosto la gloria del beato Pietro apostolo.
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
Lc 16, 1-8
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare".
L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua".
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". Poi disse a un altro: "Tu quanto devi?". Rispose: "Cento misure di grano". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta".
Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Parola del Signore.
La parola di oggi è, forse, un invito alla disonestà? O non è piuttosto un richiamo a riflettere riguardo a come gira il mondo, su quali valori, (o meglio disvalori), si appoggia per apprendere la scaltrezza del serpente (citato in un altro passo del Vangelo che ben conosciamo) e unirla alla semplicità della colomba, senza la quale la testimonianza del credente perde la sua consistenza?
Ma c’è un altro versetto del Vangelo, che la liturgia ci donerà domani, continuando la lettura dell’evangelista Luca, su cui, già oggi, vorrei soffermarmi: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti». Del resto la lettura continuata del Vangelo, nell’avvicendarsi dei giorni della settimana, suggerisce al credente che c’è un filo rosso che li unisce e che il Signore, attraverso la sua Parola, letta e ruminata, giorno dopo giorno, ci tiene per mano e ci accompagna per aiutarci a vivere il presente e aprirci ad accogliere il futuro, anche quando saremmo tentati di volgerci indietro e chiuderci.
«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti»: leggendo questa parola, che Gesù dice ai suoi discepoli, mi viene spontaneo pensare che ciò che conta davvero, ciò che lascia un segno è come facciamo le cose, la cura e l’amore che mettiamo nelle cose quotidiane, che, normalmente, sono, per così dire, di poco conto; mentre, solo raramente, sono importanti. La fedeltà nel quotidiano ci prepara a vivere quelle situazioni singolari che la vita ci riserverà. Allora il quotidiano diventa come una palestra in cui ci si allena per vincere, per diventare campioni. L’allenatore naturalmente è Gesù! Chiediamo l’intercessione dei Santi - oggi quella di san Leone Magno – che, forgiati e mossi dall’Amore, di fronte alle prove della vita, non si sono persi di coraggio, ma sono diventati veri campioni.
Sr. Chiara
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